ROMA – Gli esercenti sono in piazza in 21 città italiane, da Firenze a Napoli e Genova, in contemporanea con l’assemblea straordinaria della Fipe-Confcommercio convocata in piazza San Silvestro, a Roma. “Siamo qui per chiedere di poterci rialzare. – afferma Alessandro Cavo, giovane esercente, collegato da Genova -. Chiediamo una data per iniziare a risollevarci, troppi colleghi sono caduti, troppo i ristori promessi che non sono arrivati”. “Lavoravo dalle 18 a notte fonda, da quando ci hanno chiuso ho fatturato il 20%, i miei dipendenti sono in cassa integrazione, prendono una miseria e la prendono anche tardi, ho provato a sostenerli il più possibile, ma ora è diventato difficile anche per me – dice Matteo Musacchi, presidente dei giovani imprenditori della Fipe, titolare di un ristorante e cocktail-bar a Ferrara -. Oltre al fatto che stare in casa senza far nulla, per chi è abituato a lavorare 15 ore al giorno porta via di testa”. Dal palco di Roma poco prima aveva incalzato il governo, ricordando che “ieri i pub hanno riaperto e gliel’hanno detto un mese prima”. “Non ho bisogno – aggiunge – della rassicurazione ‘stiamo per programmare le aperture’, ho bisogna di sapere quando riapro”. Secondo la Fipe 30mila imprese hanno chiuso nel 2020, altrettante potrebbero chiudere quest’anno. “Noi donne durante l’emergenza non ci siamo fermate un attimo, e ora siamo cariche per riaprire”, dice Valentina Piccabianchi imprenditrice nel campo del catering. “Il nostro settore – ricorda, Maurizio Pasca, imprenditore pugliese dell’intrattenimento e presidente Silb – è chiuso ininterrottamente da 14 mesi, dal 23 febbraio dello scorso anno, tranne quella piccola parentesi per i locali all’aperto che hanno potuto riaprire d’estate. Il 30% ha chiuso definitivamente, un ulteriore 40% è destinato a chiudere se non si riapre quest’estate. Il nostro settore è criminalizzato, siamo indicati come gli untori della pandemia, ma abbiamo chiuso il 17 agosto e i contagi sono iniziati a risalire a ottobre. Non capiamo i pregiudizi nei confronti di un settore che serve a socializzare e che vale 2 miliardi all’anno”.