Ormai agli sgoccioli di questo 2023, tutti sono intenti a raccogliere quello che hanno seminato, cercando nel sacco annuale quello che è da buttare via e quello che, invece, si può conservare.

È solito fare, durante gli ultimi giorni di dicembre, un resoconto del vissuto di 364 giorni compiuti: cosa resta dell’anno vecchio? Dubbi, incertezze, paure, bugie, mancanze, insicurezze, povertà, dolore, riempiono il sacco e svuotano l’animo.

La disfunzionalità del pensiero mette in evidenza quanto ci si aggrappa con forza al risvolto negativo degli avvenimenti, tralasciando quello che di buono è arrivato. 

Perché accade? Perché i pensieri intrusivi rovesciano la medaglia nel senso opposto, mettendo da parte l’ottimismo?

Carl Ramson Rogers psicologo umanista e psicoterapeuta, affermava che il processo della vita si basa su un grande sforzo e su una tensione volta a realizzare sempre di più i propri obiettivi: talvolta, la soddisfazione di sé, il riporre energie fisiche e spirituali nel pieno compimento di tale realizzazione, allontana dall’autenticità; probabilmente, l’apparenza nasconde il vero e si finisce nel rimuginio.

Bisognerebbe utilizzare lo specchio per osservarsi e osservare il buono, il bello, il vero e ricercarlo nelle presenze, nei traguardi raggiunti, negli obiettivi da realizzare, nelle attese che portano gioia, nella guarigione e nell’unione.

In un mondo in cui si sopravvive, si arranca, si fatica, ci si ammala, è necessario far esplodere la bolla di pessimismo per gioire delle piccole cose, seppur con dolore e stenti.

Buona fine e buon principio!

 

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