Oltre 100 calciatrici di 24 Paesi hanno indirizzato una lettera aperta alla FIFA, denunciando l’accordo siglato con Aramco, la compagnia petrolifera di proprietà del governo saudita. L’accordo ha sollevato le critiche delle calciatrici, in quanto viene percepito come una chiara operazione di “sportwashing”, ovvero l’uso dello sport per migliorare l’immagine internazionale di un paese, distogliendo l’attenzione dalle continue violazioni dei diritti umani.

Al centro della denuncia, vi è la condizione di oppressione delle donne e delle minoranze in Arabia Saudita, che da anni subiscono restrizioni alla libertà personale e discriminazioni.
La lettera delle calciatrici non lascia spazio a dubbi: “Non possiamo accettare che la FIFA continui a stringere accordi con aziende legate a governi che non rispettano i diritti fondamentali delle persone, in particolare delle donne. Questo accordo svilisce tutto ciò per cui noi, atlete e donne, abbiamo lottato dentro e fuori dal campo.Le autorità saudite hanno speso milioni in patrocini sportivi per tentare di sviare l’attenzione dalla brutale reputazione del regime in materia di diritti umani, ma il trattamento delle donne parla da solo”.
La rabbia è palpabile tra le calciatrici, che accusano l’organizzazione calcistica mondiale di tradire i principi di inclusione e uguaglianza, che dovrebbero essere al centro del mondo del calcio.

Tra le firmatarie della lettera, spiccano diverse calciatrici di fama internazionale, tra cui Maitane Lopez, attaccante spagnola del NJ/NY Gotham Fc (club della National Women’s Soccer League: NWSL), e l’attaccante finlandese Sanni Franssi della Real Sociedad. Oltre alla capitana della Nazionale canadese, Jessie Fleming e a Becky Sauerbrunn, ex capitana della Nazionale statunitense, vincitrice dei Mondiali 2015 e 2019. Non mancano all’appello calciatrici che giocano nella Serie A italiana, tra di loro Elena Linari della Roma (e giocatrice della Nazionale Italiana) ma anche Doris Bačić, Francesca Durante, Katja Schroffenegger, Matilde Lundorf, Norma Cinotti, Paulina Krumbiegel, Rachele Baldi, Tecla Pettenuzzo. Un’altra firma importante è quella di Sofie Junge Pedersen, che ha espresso sui suoi social una dura critica nei confronti della FIFA: “ho firmato una lettera aperta per chiedere alla FIFA di porre fine alla sua partnership con Saudi Aramco a causa delle violazioni dei diritti umani e delle preoccupazioni ambientali. Aramco è quasi interamente di proprietà dell’Arabia Saudita, nota per i suoi abusi sui diritti umani contro le donne e la comunità LGBTQ+. Difendiamo insieme equità e uguaglianza nel mondo del calcio. Unisciti a noi nel chiedere la fine di questa sponsorizzazione”.

La protesta delle calciatrici evidenzia ancora una volta la loro determinazione nel difendere i principi in cui credono, dimostrando di essere meno inclini ai compromessi rispetto ai colleghi maschi. Già in passato, le atlete del calcio femminile si sono distinte per la loro lotta contro la violenza di genere,e discriminazioni salariali e per migliori condizioni lavorative. In questo caso, le calciatrici non si sono limitate a esprimere una semplice opinione, ma hanno preso una posizione ferma contro uno degli attori più potenti dello sport mondiale. Il contrasto con il silenzio del calcio maschile è evidente. Le proteste pubbliche contro gli accordi discutibili della FIFA sono state molto meno numerose tra i calciatori uomini, molti dei quali sembrano più disposti ad accettare compromessi, spesso attratti dai vantaggi economici che questi accordi possono portare. Le calciatrici, al contrario, hanno dimostrato di non essere disposte a sacrificare i propri valori in nome del profitto.

La protesta delle calciatrici ha lanciato un messaggio chiaro non solo alla FIFA, ma anche al mondo intero: il calcio femminile è in prima linea nella difesa dei diritti umani e sociali. Le calciatrici hanno dimostrato di non avere paura di schierarsi contro i potenti, rendendo il loro sport un simbolo di lotta e di cambiamento.

L'Altra Notizia

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