Sono Ahou Daryaei e sono iraniana.
Nel mio paese non si vive bene. Mi trovo a dover fare i conti da quando sono nata con un regime totalitario e antidemocratico.
Vuole che io e le mie connazionali viviamo nell’ombra più nascosta, dietro agli uomini.
Non possiamo uscire sole, non possiamo scoprirci il capo, e no, non per un fatto religioso.
È vero, la maggioranza di noi è musulmana, ma il Corano non ci obbliga ad indossare il velo e a coprici dalla testa ai piedi.
Religiosamente parlando dipende da noi e dalla nostra volontà. Dovremmo essere noi a decidere in che misura credere e professare la nostra fede.
Sì, voi saprete che possiamo vestirci quasi “come ci pare”, sempre nei limiti della pudicizia, ma non è proprio così.
Solo noi conosciamo le continue umiliazioni e percosse che ci toccano.
Purtroppo, la nostra vita è come quella dei burattini. È il regime che gestisce e muove i fili.
Siamo solo strumenti funzionali alla procreazione e al libero sfogo degli impulsi maschili.
I diritti umani non ci appartengono, non facciamo parte di quella categoria.
Siamo esseri viventi perché svolgiamo un ciclo vitale, ma la vita non ce la godiamo.
Ho sempre rispettato quegli ordini assurdi e anti democratici che ci vengono imposti da sempre, ma poi ho detto basta.
Mi trovo davanti all’università di Teheran. Una moltitudine di uomini frequenta questo luogo, poiché le donne sì possono studiare, ma meglio se non lo fanno. Diciamocelo, perché poi sarebbe lo studio a farci svegliare da questo lungo incubo.
È il momento, lo faccio.
Mi spoglio, apparentemente senza paura, anche se dentro ho il cuore che pulsa forte. Potrebbero in qualche secondo scaricarmi un intero fucile in pieno volto, oppure arrestarmi e torturarmi.
Subito vengo circondata da uomini armati, sbucati da posti che neanche immaginavo che esistessero.
Con molta irruenza mi esortano a rivestirmi, non ubbidisco. L’ho fatto per troppo tempo, ora non ne posso più.
Sono consapevole che così non otterrò la mia libertà, e neanche quella delle donne del mio paese.
Mi hanno arrestata, forse è arrivata la fine.
Non so se uscirò dal carcere viva o morta, se uscirò sotto shock, in stato vegetativo.
Qualunque sia la mia sorte, ricordatevi di me e del mio gesto.
Fate in modo che la mia iniziativa vada avanti, che non finisca con me.
Sono, o ero, Ahou Daryaei. Da oggi, siatelo anche voi.
Che la donna possa un giorno essere davvero libera, e che la cultura maschilista e patriarcale muoia come tutte le vittime che essa stessa ha causato e continua a causare.
Che il femminismo un giorno non verrà visto soltanto come un movimento astratto, ma come una macchina da guerra che ha cambiato la storia e ha reso la donna finalmente LIBERA.