Se dico no, è no.
Se dico forse, non è un sì detto per fare la misteriosa.
Se dico ci devo pensare, devo farlo davvero e non lo dico perché voglio farti attendere.
Se ti dico basta è perché voglio che tu smetta di fare ciò che stai facendo, e non è un’esortazione a farti continuare.
Se ti dico che mi stai facendo male, è perché sto sentendo dolore e non perché sono di cristallo.
Se ti dico che ho cambiato idea, è perché prima volevo e ora non più, non perché sono pazza.
Se tu continui, stai commettendo violenza.
Se mi offendi perché ti consideri attaccato ed offeso, sei tu nel torto, non io.
Se insisti, non è normale.
Se non sai accettare i no e superare un rifiuto, hai bisogno di essere aiutato.
I no vanno ascoltati e non solo disprezzati.
Tra esseri umani non esistono domande retoriche, non si possono prevedere le risposte.
Qualsiasi esse siano vanno accettate e non contestate.
N.B. Il monologo scritto sopra è scritto dal punto di vista femminile, in quanto rispecchia quello dell’autrice. Quest’ultima ci tiene a chiarire che esso ha ovviamente la stessa valenza anche dal punto di vista opposto, dal momento in cui violenza, soprusi, libertà, rispetto, e volontà sono neutri.
La dignità umana non va contestata, mai.
In qualsiasi ambito in cui viene chiesto il consenso per il proseguimento di un’azione, è giusto che venga rispettata qualsiasi volontà.
Essa deve essere il fattore principale a determinarne la continuazione o il termine.
Troppo spesso il consenso viene visto come un qualcosa di effimero, transeunte, di facile manipolazione. In realtà esso è lo specchio della volontà, a sua volta l’elemento più stretto e personale dell’uomo. L’unico elemento che riguarda esclusivamente il soggetto a cui appartiene, che non può essere sperperato o condiviso.
La volontà va ascoltata, compresa ed assecondata. Non deve e non può essere contestata, criticata e discussa.
Essa è suprema, guida della convivenza civile.
Tale è e tale deve rimanere.
Non è da escludere e da sottovalutare, anche se meno diffusa, la violenza sugli uomini da parte di donne.
Purtroppo, anche tra giovani, molti sono i ragazzi che vivono condizioni disagianti ed oppressive, in cui viene loro limitata la libertà, molto spesso per mancanza di fiducia.
Con il fatto che vengano normalizzati i comportamenti tossici di alcune donne, spesso ragazze giovani, ha fatto sì che questi siano accettati e visti come una forma di “possesso” positivo ed affettivo.
In realtà è un’altra faccia della stessa medaglia, quella della violenza sulle donne, che però per il momento è ancora facilmente contenibile, forse perché non si è ancora sfociati nella diffusione dell’androcidio.
Il fatto che se ne parli poco e che poche siano le denunce non significa che il fenomeno sia di minor importanza. La violenza ha un solo peso, uguale per tutti.
Essere femminista significa essere dalla parte delle donne, affinché esse possano progredire ed affermare le proprie capacità e i propri diritti, e non aurarle da qualsiasi errore ed azione perseguibile.
Dalla parte dei deboli e del giusto, sempre.