Si è tenuto nella sede della LUMSA Human Academy – Fondazione Luigia Tincani il seminario Nuovi approcci per la complessità detentiva – L’Italia protagonista del sistema penitenziario europeo: la sinergia tra normativa, formazione e professioni”, organizzato dalla LUMSA Human Academy – Fondazione Luigia Tincani nella cornice del consolidato dialogo di collaborazione tra l’Università LUMSA e il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

Durante l’evento è stato presentato il Corso di Alta Formazione sulle “Strutture detentive e management gestionale complesso”, che la Fondazione LUMSA Human Academy – Fondazione Luigia Tincani ha messo in cantiere per il 2025, pensandolo come laboratorio di idee utili a un miglior funzionamento del sistema penitenziario e delle sue strutture. Uno spazio in cui le attuali e future generazioni di professionisti – ingegneri e architetti – saranno chiamati a progettare, con uno spirito attento alla persona, le nuove strutture penitenziarie del Paese e a comprenderne le logiche virtuose di management gestionale.

Dopo i saluti dei professori Francesco Bonini (rettore dell’Università LUMSA, Stefano Zamagni (presidente della LUMSA Human Academy – Fondazione Luigia Tincani), hanno contribuito alla discussione vari esperti: Giovanni Russo, (Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria), Riccardo Turrini Vita (presidente del Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale), l’arch. Domenico Alessandro De Rossi (presidente CESP – Centro Europeo Studi Penitenziari), prof. Alfredo De Risio (presidente ACROSS – Associazione dei Centri per la Ricerca e l’Osservazione dei Sistemi di Salute), l’arch. Roberta Bocca (vice presidente Ordine Architetti Roma) e l’ing. Filippo Cascone (presidente Fondazione Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma).

Di seguito un estratto degli interventi del Capo del DAP e del Garante dei detenuti

 

Giovanni Russocapo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria:

“Guardiamo con estremo interesse e favore a iniziative e corsi di alta formazione come questo che fondano su basi scientifiche la loro attività e che soprattutto non esitano a ‘sporcarsi le mani’ con un mondo particolarmente complesso e difficile come quello delle carceri. Un istituto non deve essere allontanato dal centro delle città, relegato in luoghi dove diventa difficile anche per la società interloquire, creare occasioni di contatto e di confronto. Occorre un’idea di ricostruzione degli istituti non solo come luogo fisico, ma anche come rapporto tra carcere e territorio. Perché le persone recluse sono uomini che hanno sbagliato, sono stati giudicati colpevoli, sono stati condannati a una pena che dovranno scontare in sicurezza e dignità, ma hanno diritto a vedersi riconosciuti tutti i diritti che spettano secondo la Carta Costituzionale e secondo le regole universali che ci rendono uomini tra gli uomini”.

Riccardo Turrini Vita, presidente del Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale:

“Oggi gli stabilimenti penitenziari sono in parte tratti da istituzioni che avevano altro fine e altri sono facilmente invecchiati, per non dire non rispondenti a una visione umana, non voglio neanche dire costituzionale, dell’esecuzione della pena.

La decenza di vita negli istituti passa dall’assegnazione di una camera individuale ad ogni persona ristretta, unita a dei basilari servizi igienici che tutti noi in Italia consideriamo necessari. Queste condizioni di decenza possono avere positive ricadute, non solo nella gestione dell’ordine, ma soprattutto della sanità psichica e fisica degli stessi reclusi, visto che troppi accadimenti inspiegabili forse riposano sulla commistione notturna degli stessi nostri ospiti.

Io credo, quindi, che quella accortezza dovrebbe essere un canone fondamentale, come forse potrebbe essere utile calibrare la pesantezza delle strutture detentive alla realtà del pericolo o della necessità che esse pongono.

Strutture meno gravi possono servire ugualmente bene alla più larga parte dei detenuti.”

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