In questa vita fatta di apparenze, di ostentazioni, di chi fugge dalle difficoltà.

Vita nella quale le parole non hanno nessun valore, ma sono solo lettere accostate.

Il benessere non è più uno stato fisico o mentale, ma solo economico.

Le ambizioni più alte sono poter sfoggiare i beni più costosi sui social e riflettere una vita che non ci appartiene.

Non c’è più spirito di rivalsa, di rivoluzione.

Tutto va bene, ma anche se così non fosse, ci si adegua.

Una società che si piega al sistema, ubbidiente alle leggi solo quando ribellarsi risulta scomodo.

Non si arriva a fine mese, i ricchi diventano più ricchi, i poveri sempre più poveri.

La scalata sociale è più ardua di quella dell’Everest a piedi scalzi.

Arieggia un assordante silenzio, che si fa spazio tra la massa priva di un esempio da seguire, ma che circola vagando di qua e di là scontrandosi l’un l’altro.

C’è apatia, menefreghismo ed inettitudine.

Tante marionette atomizzate, che il burattinaio si diverte a muovere e a mettere sulla scena, alla mercé di tutti al fine ultimo ed unico di arricchirsi.

Tutto si riduce a cartelloni e a striscioni, a canzoni tirate in ballo, a manifestazioni in strada.

Dopo tutti a casa e si ritorna alla routine.

Le rivolte non si reggono su due piedi, le bocche dei deboli vengono tappate con forza, mentre quelle dei “potenti” dominatori si fanno largo tra la gente.

Non c’è più alcuna lotta di classe, anche i poveri hanno accettato la propria povertà, come se fosse una malattia incurabile.

Lo Stato non fa altro che proporre palliativi, narcotici per i più deboli, senza far fronte al problema di base e identificare la soluzione.

I diritti sono solo su carta, non vengono né rispettati né tantomeno esercitati.

Il dovere non è più dettato dalla coscienza morale ma dal capo che ricatta di licenziarti.

Siamo sulla strada verso la degenerazione della democrazia, dove tutti dovranno prostrarsi ai piedi del potere supremo e chiedere perdono, grazia e carità.

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