Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani accoglie con interesse – ma
anche con spirito riflessivo – l’avvio dell’esame parlamentare della proposta di legge promossa
dalla Lega che mira a sostituire la denominazione di “docente di sostegno” con quella di “docente
per l’inclusione”.

La proposta, sebbene suggestiva nella forma e coerente con i principi della Convenzione ONU sui
diritti delle persone con disabilità, rischia di fermarsi a un'operazione puramente nominalistica,
laddove non sia accompagnata da una riflessione strutturale, profonda e concreta sul ruolo del
docente specializzato e sul concetto stesso di inclusione nella scuola italiana.
Il CNDDU riconosce la necessità di valorizzare la figura del docente che opera per l’inclusione e
che, troppo spesso, è lasciato solo in un sistema che fatica ancora a trasformare l'inclusione da
valore enunciato a pratica diffusa. Tuttavia, riteniamo che un semplice cambio di etichetta, senza
una revisione sostanziale della formazione, delle risorse, della stabilità lavorativa e dell'integrazione
organica del docente nel team didattico, rischi di svuotare di significato il pur condivisibile intento
di fondo.

Parlare oggi di “inclusione” non può limitarsi a un auspicio linguistico. Significa interrogarsi sul
senso stesso del fare scuola in una società plurale, complessa, e in costante cambiamento. Significa
riconoscere il diritto di ogni studente – con o senza disabilità – a essere accolto, compreso,
stimolato, supportato. Il docente per l’inclusione, allora, non può essere semplicemente un nuovo
modo di chiamare ciò che già esiste: deve essere una figura centrale nella progettazione educativa,
con strumenti, autorevolezza e condizioni professionali adeguate.
L’invarianza finanziaria prevista dal provvedimento ci preoccupa. Si può davvero realizzare un
cambiamento culturale e operativo senza investimenti? Senza formazione continua? Senza una reale
presenza stabile e qualificata in ogni scuola? Cambiare la prospettiva implica anche cambiare le
priorità politiche e allocare risorse. La cultura dell’inclusione non si improvvisa né si decreta: si
costruisce.

Il CNDDU auspica che questo intervento legislativo possa rappresentare un primo passo verso una
riforma più ampia e coraggiosa, in grado di superare l’idea di una scuola a due velocità e di
riconoscere in tutti i docenti un ruolo attivo e corresponsabile nei processi inclusivi.
Sollecitiamo il Parlamento, le forze politiche, il Ministero dell’Istruzione e del Merito e tutte le
realtà del mondo scolastico a cogliere questa occasione per aprire un dibattito autentico, ascoltare
chi lavora quotidianamente nelle classi, e costruire un modello di scuola in cui l’inclusione sia un
principio operativo e non solo un lessico.
Inclusione è giustizia, non retorica. Inclusione è impegno, non solo intenzione.

prof. Romano Pesavento
presidente CNDDU

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