Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani (CNDDU) accoglie la nota
di chiarimento dell’Ufficio scolastico regionale per la Lombardia sul D.P.R. 134/2025 come un
invito a riflettere sul modo in cui la scuola italiana si concepisce nel suo ruolo più autentico: quello
di una comunità che educa, accoglie e trasforma. Le modifiche al sistema disciplinare, pur
mantenendo saldi i principi di proporzionalità e finalità educativa, tracciano una nuova mappa della
responsabilità studentesca che merita di essere compresa in profondità, oltre il linguaggio normativo
che la descrive.

Ogni intervento disciplinare, anche quando assume la forma dell’allontanamento, porta con sé una
domanda essenziale: che idea di scuola esprimiamo quando interveniamo sull’errore? Se la
risposta rimane confinata nell’ambito della regolazione dei comportamenti, il rischio è quello di
ridurre la complessità dell’adolescenza a un insieme di procedure. Ma l’adolescenza è ben altro: è
una stagione di transizione, di fragilità e di sfide identitarie in cui ciascun ragazzo cerca un posto
nel mondo. La scuola, in questo momento, non dovrebbe ergersi come un giudice, ma presentarsi
come interlocutore capace di ascolto, capace di proporre percorsi di senso, capace soprattutto di
custodire il legame anche quando si interviene con fermezza.

La nuova enfasi posta sulle attività di cittadinanza attiva e solidale rappresenta senza dubbio un
segnale di fiducia nelle potenzialità dei percorsi riparativi. Tuttavia, perché queste esperienze
abbiano un impatto reale, occorre che vengano vissute come uno spazio di incontro e non come una
mera conseguenza amministrativa di un provvedimento disciplinare. Un adolescente non impara la
responsabilità soltanto svolgendo un compito assegnato; la impara quando comprende che il suo
agire ha ripercussioni sulla comunità di cui fa parte, quando riconosce che la solidarietà non è
un’imposizione ma un modo possibile di stare al mondo. Le attività di cittadinanza possono
diventare un terreno prezioso di crescita personale, purché mantengano una dimensione umana e
non scivolino verso una contabilizzazione che ne snaturerebbe il valore.
Anche l’allontanamento più prolungato, previsto nei casi di comportamenti particolarmente gravi,
dovrebbe essere interpretato non come espulsione simbolica dalla comunità ma come un tempo
sospeso in cui la scuola continua a farsi presente, prendersi cura, ricostruire ponti. Un giovane che
attraversa un momento di deviazione non è un individuo perduto, ma una persona che porta in sé
una domanda di riconoscimento, talvolta distorta ma sempre autentica. Il coinvolgimento della
famiglia, dei servizi territoriali e delle istituzioni giudiziarie non deve far dimenticare che il centro
educativo rimane la scuola: il luogo in cui il ragazzo ha infranto una regola, ma anche il luogo in cui
può ritrovare il proprio cammino.

La richiesta di aggiornare il Regolamento d’istituto e il Patto educativo di corresponsabilità non va
interpretata come un adempimento formale, bensì come l’occasione per rimettere al centro la
relazione educativa. Le norme hanno senso solo se si innestano in una visione condivisa: quella di
una scuola che accompagna i giovani nella costruzione della propria cittadinanza interiore, non solo
nella conformità a un codice. La corresponsabilità educativa, infatti, non vive nei documenti, ma
nelle azioni quotidiane, nei dialoghi difficili, nelle situazioni di conflitto trasformate in opportunità
di crescita, nei gesti di cura che sostengono il percorso di ciascuno.
Il CNDDU ritiene che la vera sfida del nuovo impianto disciplinare consista nel non perdere di vista
il nucleo più profondo della missione scolastica. Non è la severità a educare, ma la coerenza. Non è
la sanzione a trasformare, ma il significato che l’adulto sa darle. Non è l’allontanamento che risolve,
ma la qualità del rientro. Una scuola che si limita a correggere non lascia traccia; una scuola che
accompagna può cambiare un destino.

La riforma, con le sue novità e le sue complessità, ci richiama alla necessità di una comunità
educante vigile, capace di autoregolarsi senza perdere il proprio cuore umano. È in questo senso che
la scuola può tornare a essere ciò che è sempre stata nella sua vocazione più alta: un luogo in cui i
diritti non sono un’affermazione astratta ma un’esperienza quotidiana, un laboratorio in cui gli
adolescenti imparano a riconoscersi come cittadini, e gli adulti come garanti della loro crescita.
L'applicazione del D.P.R. 134/2025 sarà realmente efficace solo se saprà custodire questa
prospettiva, trasformando la norma in opportunità e l’errore in un passaggio verso la maturità.
prof. Romano Pesavento
presidente CNDDU

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


Il periodo di verifica reCAPTCHA è scaduto. Ricaricare la pagina.

L'Altra Notizia

You cannot copy content of this page