Abbandonare: lasciare definitivamente, lasciare senza aiuto o protezione, lasciarsi andare senza resistenza e senza remore.
Se si consulta il dizionario della lingua italiana, alla voce del verbo abbandonare sono accostati questi significati; come si può notare, c’è una opposizione di senso, poiché le prime espressioni descrivono la natura del negativo del termine. Partiamo prima dal positivo: abbandonare è sinonimo di lasciarsi andare, di togliere i freni inibitori e buttarsi a capofitto in una situazione che inizialmente potrebbe fare paura; quando ci si tuffa liberamente si ammette il pericolo, si afferma la possibilità di farsi male, ci si prende la responsabilità di soffrire. Ma abbandonarsi è libertà. Abbandonarsi potrebbe donare la felicità, questo è il motivo per il quale bisogna sempre tentare e volare nel rischio.
Il senso negativo, invece, è l’abbandono accostato a quella sensazione di smarrimento e solitudine, di afflizione, di buio.
A questo proposito, è necessario citare la cosiddetta “sindrome dell’abbandono”; tale sindrome non è medicalmente riconosciuta, ma i fattori psicologici che si celano dietro di essa mettono in evidenza delle profonde ferite dell’anima.
Cosa comporta la sindrome dell’abbandono? Cosa prova chi ne è affetto? Quali conseguenze si hanno?
La sindrome dell’abbandono genera, in chi ne è affetto, uno stato emotivo di afflizione che si prova dinanzi ad una perdita o ad un allontanamento; tale sensazione si radica nella pelle e provoca il timore di perdere le persone a cui si è legati. Ma non solo.
Le cause di tale sindrome, seppure non è riconosciuta come un disturbo mentale, sono da ricercare nel passato di chi ne soffre; negli adulti fa riferimento a esperienze di vita in cui c’era presenza e, nei momenti di estrema vulnerabilità, la presenza è diventata assenza.
I bambini soffrono della sindrome dell’abbandono nei primi anni di vita, quando il distacco dai genitori diviene paura di non ritorno, ma è fisiologica e si risolve durante il periodo della crescita.
Quando il bambino crescerà, se avrà vissuto dei traumi da distacco, allora la sindrome si manifesterà anche in età adulta.
Cosa accade, invece, se si è cresciuti in maniera integra e la sindrome dell’abbandono si presenta da adulti? Come scritto qualche riga più su, tale disturbo deriva dalla presenza divenuta assenza in un momento delicato dell’esistenza.
Quando si convive con questo status, ci si sente frammentati e disorientati dinanzi ad una perdita improvvisa che può essere un lutto, un licenziamento, un trasferimento, una separazione.
Non ci si rende conto fino in fondo del proprio sé, e questo genera un tormento interiore molto profondo e acuto.
Gli eventi tangibili che sollecitano vissuti abbandonici possono restare nella profondità inconscia per tempo indefinito.
Come ci si approccia con chi ha una ferita dell’abbandono? Con la cura, il sostegno e la vicinanza.
Chi ha vissuto un evento traumatico tendenzialmente tiene a bada l’oblio e le ombre della coscienza, i feticci mentali e i mostri interiori; questi ultimi, paradossalmente, vengono fuori in un momento di massima fragilità in cui ci si sente senza difese alcune: quando si ama.
«I mostri più spaventosi sono quelli che si nascondono nelle nostre anime». Edgar Allan Poe
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