Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani oggi due storie
particolarmente significative; quelle dei due carabinieri, appena ventenni, Giovanni Calabrese e
Giuseppe Fiorenza, uccisi nel lontano 1949 dalla criminalità e del commerciante Francesco Paolo
Chiaramonte, anche lui giovane, assassinato a Palermo nel 1976 per non aver voluto pagare il pizzo
attraverso le parole di alcune studentesse della classe III sez. G del liceo scientifico Filolao di
Crotone:
“Giovanni Calabrese e Giuseppe Fiorenza morirono il 21 agosto del 1949 a San Cipirello, in
provincia di Palermo. I due erano dei giovanissimi carabinieri di 23 e 22 anni che, quella sera alle
21, stavano uscendo dalla caserma dopo aver fatto il solito giro di perlustrazione. Appena varcata
la porta furono raggiunti da una raffica di mitra e bombe a mano che uccisero Fiorenza sul colpo e
causarono gravissime ferite a Calabrese, che morì all’alba in ospedale. Pochissimi mesi dopo
vennero individuati esecutori e mandanti, provenienti dalla banda di Salvatore Giuliano, i quali
sicuramente avranno scontato anni di carcere…insomma saranno stati puniti per quello che hanno
fatto, ma ciò non toglie che Giovanni e Giuseppe hanno perso la vita giovanissimi senza avere
nessuna colpa se non quella di essere “sbirri”, come li chiamano i delinquenti. E magari loro per
diventare “sbirri” chissà quante rinunce avevano fatto. Magari sognavano di diventare “sbirri” da
quando erano piccoli per mettere fine alla delinquenza. Invece era stata la delinquenza a mettere
fine alla loro brevissima vita in modo accuratamente premeditato, organizzato e terribilmente
spietato. E come loro hanno perso la vita migliaia di innocenti. Quello che possiamo fare noi però
non è solo ricordare e sperare che queste cose non accadano più, noi abbiamo il diritto di vivere in
una società onesta e corretta, ma per ottenere ciò abbiamo il dovere di lottare contro la criminalità
organizzata, il dovere di dire basta all’omertà trovando il coraggio di denunciare ogni estorsione,
ricatto, violenza difendendo, così come hanno fatto le infinite vittime innocenti di mafia, la
legalità.”(Linda Ligorio)
“Francesco Paolo Chiaramonte aveva solo 29 anni quando volò in cielo per colpa delle richieste di
alcuni mafiosi alle quali lui non si piegò. Francesco gestiva una macelleria, e il 21 agosto del 1976
quattro uomini armati entrarono all’interno della macelleria e lo colpirono. Francesco non lasciò
soltanto sua moglie, ma anche due bambini, che per colpa dell’ingiustizia non sono potuti crescere
con l’amore del padre. Fortunatamente gli assassini sono stati arrestati, ma questo non cambierà il
dolore che la sua famiglia ha provato alla notizia della morte ingiusta e dolorosa che Francesco ha
subito solamente per aver creduto in sé stesso e per non aver ceduto alle richieste di estorsioni da
parte della criminalità organizzata. Rifiutare di pagare il pizzo è un atto di grande coraggio e di
responsabilità, vuol dire schierarsi dalla parte della legalità, vuol dire che non sei una persona
ricattabile, vuol dire essere onesto e credere nei valori della giustizia. Molte sono state le persone
nel corso del tempo che si sono rifiutate di pagare il pizzo e di cedere ai ricatti e alle minacce
ricevute, ma molte di più sono state quelle che per paura hanno piegato la testa rendendo la mafia
più forte, lasciandola libera di vessare, uccidere e ricattare chi aveva avuto il coraggio di dire
basta. Spesso chi ha forza di lottare e dire no alla criminalità organizzata viene lasciato da solo ed
è questa solitudine che ha permesso alla mafia di agire indisturbata. Ancora oggi molti in silenzio
pagano il pizzo e cedono alle estorsioni. Dite NO abbiate la forza di lottare e di dire No per voi
stessi, per i vostri figli, per le giovani generazioni, per una società più giusta. Se i No diventano
tanti non si è mai Soli, perché la LEGALITÀ è dirompente, è dilagante, è solidale, basta un
semplice NO..” (Serena Macrì)
Inneggiare alla legalità nonché invitare alla coesione tra cittadini responsabili e istituzioni denota
sicuramente maturità ed alto senso civico. Anche oggi, come d’altronde da mesi gli studenti stanno
seguendo il messaggio tramandatoci dal giudice Paolo Borsellino “Parlate di mafia. Parlatene alla
radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene”
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani rileva come il progetto
“#inostristudentiraccontanoimartiridellalegalità” stia diffondendo tra le giovani generazioni volti,
storie, episodi veramente straordinari per la loro valenza educativa.
Prof. Romano Pesavento
Presidente CNDDU