Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani desidera ricordare con
profonda commozione la strage di Castelvolturno del 18 settembre 2008, una ferita aperta nella
memoria del nostro Paese. In quel giorno sei giovani uomini provenienti da diversi Paesi africani
furono brutalmente assassinati da un commando camorristico, vittime innocenti di un atto di
violenza inaudita. Cristopher Adams, Kwame Antwi Julius Francis, Eric Affum Yeboah, Alex
Geemes, El Hadji Ababa e Samuel Kwaku persero la vita senza alcuna colpa, mentre Joseph
Ayimbora riuscì a sopravvivere fingendosi morto e portando con coraggio la sua testimonianza,
determinante per l’individuazione dei responsabili.

Questa strage non fu un episodio isolato, ma si inserì in un contesto di dominio criminale, di lotta
per il controllo del narcotraffico e delle risorse destinate alla riqualificazione del litorale Domitio.
Tuttavia ciò che la rende ancor più drammatica è la matrice terroristica e razzista dell’attentato,
volto a colpire una comunità considerata scomoda solo perché diversa, ignorando completamente
l’innocenza delle vittime. La giustizia, pur arrivando con le condanne all’ergastolo per i
responsabili, non può cancellare il dolore né colmare il vuoto lasciato dalle loro vite spezzate.

Il Coordinamento sottolinea l’urgenza di un’educazione ai diritti umani che sappia tradurre il
ricordo in azione concreta, affinché tragedie come quella di Castelvolturno non si ripetano. È
fondamentale dare voce a chi non può più parlare, trasmettere agli studenti il valore della memoria,
della dignità e del rispetto reciproco, e far comprendere che la diversità non è mai una colpa ma una
ricchezza. La memoria deve diventare pratica quotidiana attraverso iniziative culturali, artistiche e
formative che rendano tangibile la comprensione del sacrificio di chi ha perso la vita.
Il Coordinamento invita istituzioni, insegnanti, famiglie e studenti a farsi carico di questo impegno
collettivo, promuovendo percorsi che intreccino educazione civica, storia e diritti umani, e
valorizzando le testimonianze dirette come strumenti concreti di consapevolezza. Solo con una
cultura della pace, del rispetto e della giustizia sociale possiamo rendere onore alle vittime e
costruire una società inclusiva, in cui il ricordo di Cristopher, Kwame, Eric, Alex, El Hadji e
Samuel diventi monito e guida per le generazioni future.

In questo percorso, non possiamo dimenticare quanto sia importante coinvolgere direttamente le
comunità locali e le associazioni impegnate nella lotta contro le mafie e il razzismo, affinché la
memoria si traduca in azioni concrete. Occorre creare spazi di dialogo e confronto, in cui la
giustizia e la legalità non restino concetti astratti ma esperienze vissute e condivise. L’educazione ai
diritti umani deve essere parte integrante della vita scolastica e civile, affinché ogni studente possa
riconoscere la responsabilità individuale e collettiva nel contrasto alla violenza e alla
discriminazione. La testimonianza di chi ha vissuto direttamente gli eventi deve essere valorizzata
come strumento potente di sensibilizzazione e riflessione. La memoria, accompagnata da iniziative
culturali e artistiche, diventa così un presidio attivo di civiltà e umanità. È solo attraverso un
impegno costante e condiviso che possiamo sperare di costruire un futuro più giusto, in cui la
dignità di ogni persona sia rispettata e difesa. Ogni anno, ogni momento di riflessione deve
rafforzare la consapevolezza che la violenza e l’odio razziale non hanno spazio nella nostra società.

prof. Romano Pesavento
presidente CNDDU

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