In occasione della Giornata Nazionale della Legalità, il Coordinamento Nazionale Docenti della
Disciplina dei Diritti Umani intende proporre una riflessione profonda su due tra i più gravi attentati
mafiosi della storia italiana: le stragi di Capaci e di via D’Amelio; ferite indelebili che hanno
segnato la coscienza collettiva del nostro Paese, rappresentando un punto di svolta nella lotta alla
criminalità organizzata. Il 23 maggio, infatti, ricorre il 33° Anniversario della strage in cui persero
la vita il magistrato Giovanni Falcone, la magistrata Francesca Morvillo e gli agenti della scorta
Quarto Savona Quindici: Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani.
Trentatré anni fa Cosa Nostra, con inimmaginabile ferocia, colpì cinque persone di altissimo valore
morale, simboli di dedizione alla Giustizia e allo Stato. L’asfalto squarciato dell’A29, dove esplose
l’autobomba che uccise le vittime innocenti, diventò da quel momento emblema del dolore di
un’intera nazione, dolore che non ha mai smesso di raccontarci la storia di un’Italia martoriata,
ferita, ma non vinta. La Mafia, specie tra gli anni ’80 e ’90, aveva inferto all’Italia ferite
profondissime come il riciclaggio di denaro, il traffico internazionale di droga, omicidi efferati e
stragi di vittime innocenti. Per ognuna di queste ferite il giudice Falcone aveva reagito con rigore e
prontezza conducendo una lotta tenace e instancabile, animata da sacrificio, coraggio e una ferma
fede nello Stato. Con il Pool Antimafia, insieme a Paolo Borsellino, avviò la stagione del maxi-
processo di Palermo: il primo, grande, vero processo alla Mafia nella storia del nostro Paese. Indagò
soprattutto sui cosiddetti “delitti politici” – gli omicidi di Reina, Mattarella e La Torre – senza
lasciarsi fermare dalle ostilità interne alle istituzioni o dal clima di isolamento. Nemmeno l’attentato
fallito dell’Addaura, tre anni prima della sua morte, lo fece arretrare. Falcone sapeva dell’esistenza
di “menti raffinatissime” che avevano reso la Mafia un nemico fino ad allora invincibile. Cosa
Nostra, d’altra parte, conosceva molto bene le capacità investigative del giudice e aveva ormai
capito che quel magistrato rappresentava una minaccia per l’intera struttura mafiosa. Undici giorni
prima dalla strage di Capaci, durante un convegno anti-droga a Roma, arrivò l’ultimo avvertimento
per Falcone: un pizzino di morte, un bigliettino di carta che gli ricordava come la sua vita fosse
nelle mani dei boss. Dopo neanche due settimane Cosa Nostra mise in atto la Strage di Capaci. La
Mafia impiegò 1000 kg di tritolo per spegnere la voce del più onesto servitore dello Stato, ma fallì.
Fallì perché da quel momento qualcosa cambiò. Lo Stato si rialzò con le sue ferite ancora aperte e
avviò una battaglia senza precedenti contro Cosa Nostra che non era assolutamente disposta a
cedere: cinquantasette giorni dopo fu la volta del giudice Paolo Borsellino. Il 19 luglio 1992, in via
D’Amelio, un secondo attentato mafioso uccise lui e cinque agenti della scorta: Agostino Catalano,
Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli. Dopo la strage
divenne un’arma anti-mafia, fino a partire con D.L 306/92, il regime del 41 bis – “il carcere duro”
per i mafiosi – e il nostro Paese iniziò a cambiare. La società civile si risvegliò. L’omertà cominciò
a cedere il passo al coraggio, e una nuova coscienza collettiva prese forma. Si ricucì, non senza
fatica, la frattura tra cittadini e istituzioni all’interno della quale si era infiltrato il virus della Mafia.
Ricordare queste pagine dolorose della nostra storia è un dovere morale e civile. Il 23 maggio è il
giorno in cui l’Italia rinnova il suo impegno a essere una nazione fondata sulla Legalità e sulla
Giustizia. Il CNDDU ritiene fondamentale trasmettere alle nuove generazioni la Memoria e
l’esempio dei grandi uomini che hanno tracciato la strada da seguire per liberarci dai veleni della
criminalità organizzata. Uomini come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tutte le vittime della
mafia, che con coraggio e determinazione hanno scelto di lottare contro un sistema che sembrava
invincibile. La loro eredità non è solo un ricordo, ma un impegno costante a combattere ogni forma
di violenza, intimidazione e abuso di potere. Il loro sacrificio ci insegna che la lotta contro la
criminalità organizzata non è solo una battaglia giudiziaria, ma un impegno civile che riguarda tutti.
È nostro dovere, come cittadini e come educatori, non solo ricordare, ma anche agire per preservare
e promuovere la giustizia, la legalità e i diritti umani, nella consapevolezza che ogni singolo passo
fatto nella direzione giusta è un passo verso un futuro migliore, più equo e più sicuro per tutti.
Anche quest’anno, in occasione della Giornata Nazionale della Legalità che celebra l’impegno
quotidiano per il rispetto della legge e dei diritti umani, invitiamo i colleghi-docenti della scuola
italiana a coinvolgere i loro studenti in un’importante riflessione su questi temi, promuovendo una
cultura della giustizia e del rispetto reciproco.
Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani lancia l’iniziativa Le chiavi
della Giustizia, un progetto volto a sensibilizzare le nuove generazioni sui valori fondamentali della
legalità e della giustizia. Attraverso attività didattiche, discussioni e momenti di confronto, gli
studenti avranno l’opportunità di comprendere il ruolo cruciale che ognuno di noi gioca nel
preservare e promuovere i diritti fondamentali partendo dalla Memoria della Strage di Capaci e dal
sacrificio di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e delle vittime di mafia. Ogni gruppo di studenti
potrà scegliere una chiave della Giustizia (es. Coraggio, Verità, Rispetto, Memoria, Responsabilità,
Impegno, ecc.) e creare un prodotto digitale – podcast narrativo, video-didattico, presentazione
multimediale – che interpreti quel valore. Gli alunni della scuola Primaria e dell’Infanzia potranno
aderire all’iniziativa realizzando, con cartoncino, le chiavi simboliche della Giustizia da appendere
in aula, racchiuse in un anello che rappresenta la comunità. Saremo come sempre lieti di
condividere i lavori didattici degli studenti sia sul nostro sito che sulle pagine social, per valorizzare
il loro impegno e la loro creatività e per sottolineare che l’impegno educativo che nasce dalla scuola
può e deve contribuire a formare cittadini più consapevoli e responsabili.
Le chiavi della Giustizia che oggi custodiamo rappresentano il primo passo per un futuro di
responsabilità e legalità per tutti. #LECHIAVIDELLAGIUSTIZIA
prof.ssa Rossella Manco
Segreteria Nazionale CNDDU