In questi giorni di festa, in cui le lucine dei festoni brillano ad intermittenza, non ci si indaga abbastanza sul concetto di solitudine.

La solitudine, come esclusione da ogni rapporto di presenza o vicinanza, può diventare una condizione sofferta, conseguente da una totale mancanza di affetti che riscaldano e colorano con gioia il Natale.

Essere soli e sentirsi soli pone, però, una sostanziale differenza: essere soli è una circostanza data dalla vita, talvolta voluta o ricercata per trovare pace interiore, avendo la necessità di allontanarsi dalla molteplicità e dalla frenesia circostante.

Sentirsi soli, invece, è un turbamento dell’anima, uno scombussolamento che evidenzia quanto il possedere serve a poco o niente.

Sentirsi soli è limitante: non servirà avere attorno tanti esseri umani che proveranno a riempire quel buco profondo e rumoroso.

Orbene, in questi giorni di tavole imbandite, rinascita e buoni propositi, bisognerebbe vestire i panni dell’altro e sentirne le emozioni e i disagi, affinché la solitudine non diventi una patologia.

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