In occasione della Giornata Internazionale della Popolazione 2025, 11 luglio, il Coordinamento
Nazionale Docenti della Disciplina dei Diritti Umani intende porre l’attenzione su una delle criticità
più profonde e strutturali del nostro Paese: il crescente divario tra Nord, Centro e Sud Italia in
termini di dinamiche demografiche e opportunità educative. Un Paese che si svuota lentamente, ma
in modo diseguale, rischia di diventare un Paese in cui il diritto all’istruzione non è più garantito
equamente. E dove il diritto allo studio arretra, avanzano la povertà educativa e la disuguaglianza
sociale.

I dati del 2025 parlano chiaro. Negli ultimi cinque anni, il Sud ha perso oltre 330.000 studenti, un
calo che supera del 70% quello registrato nel Centro-Nord nello stesso periodo. La sola Puglia,
nell’anno scolastico 2024/25, ha visto una riduzione di oltre 7.800 alunni. Questo fenomeno
demografico sta già producendo effetti tangibili: chiusura di classi, accorpamenti di istituti,
riduzione degli organici. In molte aree interne e periferiche del Mezzogiorno, la scuola rischia di
trasformarsi da presidio educativo a luogo simbolico, svuotato di reale funzione formativa.

A questa emergenza si somma un dato altrettanto allarmante: quello relativo alla qualità
dell’apprendimento. Secondo il Rapporto Invalsi 2025, quasi uno studente su due in Italia non
raggiunge il livello base in italiano o in matematica. La situazione è particolarmente grave al Sud,
dove solo il 48,6% degli alunni dimostra competenze adeguate nella lingua italiana e appena il 54%
in matematica. La dispersione implicita, ossia la promozione di studenti privi di competenze
minime, colpisce oltre il 12% della popolazione scolastica meridionale. La Fondazione Agnelli ha
recentemente definito questo divario come una “bancarotta costituzionale”: nel confronto tra Nord-
Est e Sud, i punteggi in matematica indicano una differenza che equivale, in termini pratici, a due
anni scolastici di ritardo.

Non meno significativo è l’orientamento delle scelte formative: al Nord si rafforzano gli istituti
tecnici, in particolare in regioni come Veneto e Lombardia, dove oltre il 35% degli studenti opta per
un percorso professionalizzante. Al contrario, nel Sud si registra una marcata tendenza verso i licei,
che in Sicilia e Lazio superano il 60% delle iscrizioni. Questa polarizzazione, tuttavia, non è
accompagnata da un corrispondente livello di supporto educativo: in molte scuole meridionali, la
fragilità strutturale e la carenza di risorse compromettono la possibilità di garantire un
apprendimento realmente solido, alimentando così un circolo vizioso che unisce aspettative alte a
risultati deboli.

La relazione tra popolazione e scuola non è solo quantitativa, ma profondamente politica. Dove la
popolazione scolastica diminuisce, spesso diminuisce anche la capacità dello Stato di presidiare il
territorio con servizi di qualità. Dove la scuola chiude o si indebolisce, il tessuto sociale si sfalda.
La denatalità, che colpisce tutto il Paese, agisce come moltiplicatore delle disuguaglianze già
esistenti. Il rischio concreto è quello di ritrovarsi con un’Italia a due velocità: da una parte territori
capaci di attrarre investimenti, innovazione e capitale umano; dall’altra zone che, a causa
dell’abbandono scolastico, della fuga dei giovani e della povertà educativa, si avviano a una
progressiva marginalizzazione.

Il Coordinamento Nazionale Docenti della Disciplina dei Diritti Umani ritiene che sia necessario un
cambio di paradigma. La questione demografica e quella educativa non possono più essere
affrontate separatamente. Occorre un piano nazionale di coesione educativa che parta proprio dai
territori più in difficoltà, investendo in modo mirato sulle scuole del Sud e delle aree interne. È
urgente attivare interventi sistemici per rafforzare l’infrastruttura scolastica, aumentare il tempo
scuola, garantire la presenza stabile di personale qualificato, migliorare l’orientamento formativo e
rilanciare i percorsi tecnici e professionali. È altresì fondamentale inserire stabilmente nei curricula
scolastici l’educazione ai diritti umani come chiave per comprendere le dinamiche della
cittadinanza attiva, dell’uguaglianza e della giustizia sociale.

In questa Giornata Internazionale della Popolazione, ricordiamo che dietro ogni cifra, ogni tasso di
natalità o ogni curva discendente delle iscrizioni scolastiche, ci sono comunità, bambini, famiglie,
futuri cittadini. Ignorare il legame tra calo demografico, frattura educativa e diseguaglianza
territoriale significa tradire il principio di eguaglianza sancito dalla Costituzione. La scuola deve
tornare a essere, soprattutto nei contesti più fragili, il primo motore di sviluppo umano e di coesione
sociale. Non c’è futuro sostenibile, né giustizia duratura, senza il diritto all’istruzione garantito in
modo pieno e universale.

prof. Romano Pesavento
presidente CNDDU

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