Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani intende ricordare, a
trentacinque anni dall’omicidio, la tragica vicenda di Domenico Catalano, sedicenne romano in
vacanza a Reggio Calabria, assassinato brutalmente il 1° settembre 1990 per un tragico scambio di
persona. Un errore fatale, una semplice maglietta a righe confusa con quella di un’altra persona,
trasformò un momento di spensieratezza estiva in una delle pagine più oscure della storia della città.
Dodici colpi esplosi a bruciapelo cancellarono la vita di un adolescente che nulla aveva a che fare
con le logiche mafiose, ma che divenne da allora simbolo dell’innocenza violata e della brutalità
criminale.

La giustizia, con il processo “Bless”, riconobbe la responsabilità diretta della ‘ndrangheta e
individuò in Pasquale Condello, detto “Il Supremo”, il mandante del delitto, sancendo così il
legame tra quell’omicidio e le dinamiche feroci delle cosche reggine. Eppure la sentenza, pur
necessaria, non ha mai potuto restituire il valore più grande: la possibilità per Domenico di vivere la
sua giovinezza, di crescere, di costruire un futuro.

Ricordare Domenico oggi non significa soltanto celebrare una memoria, ma riflettere su un contesto
che continua a essere fragile e complesso. La sociologia della devianza ci mostra come nei territori
ad alta densità mafiosa la criminalità organizzata agisca come agenzia di socializzazione alternativa,
penetrando laddove lo Stato, la scuola e la comunità risultano indeboliti. Non è un caso che nel
Reggino la dispersione scolastica raggiunga livelli preoccupanti, con punte che superano
ampiamente la media nazionale, e che in quelle stesse aree si registri un reclutamento giovanile più
intenso da parte delle cosche. L’assenza di prospettive, la marginalità economica e l’impoverimento
culturale diventano terreno fertile su cui attecchisce l’offerta mafiosa, che illude i ragazzi con
promesse di appartenenza e di guadagno facile.

È in questa prospettiva che la scuola si conferma il più importante presidio di legalità e il luogo
privilegiato in cui si costruisce resistenza civile. Solo un sistema educativo capace di trasmettere
senso critico, dignità e diritti può contrastare l’egemonia mafiosa sul tessuto sociale. La scuola non
rappresenta semplicemente uno spazio di istruzione, ma un dispositivo di emancipazione, un
laboratorio di cittadinanza attiva in cui il sapere diventa strumento di liberazione e alternativa
concreta al destino imposto dalla criminalità.

Ricordare Domenico, dunque, significa assumersi la responsabilità collettiva di non lasciare che
l’indifferenza e il silenzio diventino complici. Significa comprendere che la memoria di una
giovane vita spezzata interroga la società tutta: quanto vale una vita e quanto siamo disposti a fare
perché nessun altro adolescente venga sacrificato sull’altare della violenza criminale?

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani invita le scuole e l’intera
comunità a non relegare la commemorazione a un rito formale, ma a trasformarla in un impegno
educativo quotidiano, affinché la cultura dei diritti e della legalità diventi il linguaggio condiviso
delle nuove generazioni. Domenico Catalano non deve essere ricordato soltanto come vittima di un
tragico errore, ma come richiamo costante a costruire una società più giusta, solidale e libera dal
ricatto mafioso.

prof. Romano Pesavento
presidente CNDDU

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