“Attendiamo pazientemente la decisione finale, che dovrebbe essere esaminata dal Consiglio della FIFA il 3 ottobre, con la fiducia che questo processo porterà giustizia ed equità per il calcio palestinese e per i suoi atleti”.
Si conclude così il comunicato stampa pubblicato qualche giorno fa dalla PFA, la Federazione Calcistica Palestinese, con cui annuncia che molto probabilmente il 3 ottobre, data per cui è stata fissata la data del nuovo Consiglio FiFA, il massimo organismo che governa il calcio mondiale dovrebbe pronunciarsi sulla richiesta avanzata dalla PFA sull’esclusione della Federazione Calcistica Israeliana da ogni competizione fino quando non si arriverà ad un cessate il fuoco permanente. La PFA ha, infatti, confermato di aver ricevuto la valutazione legale indipendente riguardante la sua proposta di sanzionare la Federazione Calcistica Israeliana per violazioni degli statuti della FIFA e del diritto internazionale e di restare fiduciosa sul buon esito del processo.
Una decisione che la FIFA ha rimandato per ben tre volte, evidenziando la difficoltà nel prendere una decisione che in un senso o nell’altro creerebbe discussione e malumori ma che in ogni caso, mai e poi mai, dovrebbe essere dettata da interessi che non siano in linea con quelli che sono i valori che lo sport, e il calcio in particolare dovrebbero difendere e veicolare. Rispondere ad altri tipi di interesse farebbe perdere al mondo Calcio ogni credibilità. Non si può parlare dello sport come strumento per costruire ponti di pace, solidarietà ed umanità e poi schierarsi al fianco di chi da oltre un anno sta seminando morte e distruzione in Palestina. Non si può pensare di risultare un’Istituzione imparziale e credibile se si permette, a seconda dei casi, ad un proprio Membro di contravvenire alle leggi interne che regolamentano quella stessa istituzione senza che vi sia alcuna conseguenza concreta.
Del resto come sottolineato dalla PFA “in quanto unica autorità calcistica riconosciuta nei territori palestinesi, ribadiamo il nostro diritto, sancito dagli statuti e dalle leggi della FIFA, di sviluppare e promuovere il calcio in tutte le aree riconosciute dal diritto internazionale. Questo include la Cisgiordania, Gaza e Gerusalemme Est, come ribadito dalla recente sentenza della Corte Internazionale di Giustizia (CIJ) e rafforzato da numerose risoluzioni di legittimità internazionale dell’Assemblea Generale e del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Perché ad oggi, è bene ricordarlo, l’IFA – la Federazione Calcistica Israeliana – organizza sistematicamente attività ad esse riconducibili in quei territori contravvenendo all’articolo 72 (1) degli Statuti della FIFA secondo cui “le associazioni membri e i loro club non possono giocare sul territorio di un’altra associazione membro senza l’approvazione di quest’ultima”.
Il 3 ottobre, quindi, potrebbe essere una data storica e allo stesso tempo fondamentale per mettere un mattoncino che potrebbe aiutare quel processo di pace che da troppi mesi si sta invocando e che, puntualmente, viene sgretolato dalle azioni scellerate di Israele.