La nazionale di calcio maschile della Palestina, oggi alle 13:00, affronterà la Corea del Sud nella prima partita del Girone B del terzo, ed ultimo, turno di qualificazione per i Mondiali 2026. Un incontro che, come spesso accade quando gioca la Palestina, va ben oltre il calcio: quest’ultima tappa della campagna di qualificazione rappresenta un momento storico per la Palestina visto che, per la prima volta, la Nazionale ha una reale opportunità di qualificarsi alla fase finale di un Mondiale.

Una qualificazione che, dal punto di vista strettamente sportivo, rappresenterebbe un traguardo storico per un Paese che ha sempre dovuto affrontare avversità ben più grandi di quelle sul campo. La Federazione Calcistica Palestinese, nonostante le enormi limitazioni logistiche, strutturali e finanziarie dovute all’Occupazione, ha sempre avuto come orizzonte il miglioramento del proprio livello calcistico, consapevole dell’importanza che lo sport ha in un contesto del genere. Essersi riusciti a qualificare per l’ultimo turno di qualificazione è già di per sé straordinario e rappresenta una piccola vittoria, ma l’eventuale qualificazione alla fase finale dei Mondiali cambierebbe per sempre la storia del calcio palestinese e, forse, quella di un’intera popolazione. Non sarebbe solo un’impresa sportiva, ma un segnale che, anche in condizioni di estrema difficoltà, i sogni e le ambizioni possono diventare realtà.

Una qualificazione che, appunto, in termini sociali e politici, avrebbe un impatto incommensurabile. Il calcio, per i palestinesi, non è solo un gioco, ma uno strumento di coesione ed identità nazionale. Uno strumento per affermare la propria esistenza in quanto esseri umani e in quanto Nazione. Nel contesto attuale non solo più di occupazione, ma di vera e propria pulizia etnica, la Nazionale di calcio diventa uno dei simboli in grado di unire il popolo palestinese per urlare al mondo intero quella che dovrebbe essere una banalità: “anche noi siamo essere umani con i nostri sentimenti ed i nostri sogni e vogliamo vivere e poterli inseguire”. La possibilità di vedere, dunque, la propria bandiera sventolare durante una fase finale dei Mondiali di calcio darebbe al popolo palestinese un senso di orgoglio ed appartenenza che è veramente difficile da immaginare.
Portare la Palestina sul palcoscenico mondiale della Coppa del Mondo, inoltre, significherebbe dare visibilità internazionale alla questione palestinese sotto una luce diversa. In un mondo dove lo sport è uno degli ambiti più seguiti e universali, la partecipazione della nazionale palestinese ai Mondiali rappresenterebbe una sorta di riconoscimento, una testimonianza dell’esistenza di un popolo che, nonostante le difficoltà, è capace di affermarsi e di competere a livello globale. Sarebbe un messaggio di speranza e resilienza per tutti i palestinesi, sia dentro che fuori i Territori.

La strada è ancora lunga e oggi, contro la Corea del Sud, sarà una partita difficilissima sebbene la nazionale coreana stia attraversando un periodo di riassestamento dopo la fallimentare spedizione in Coppa d’Asia. Nonostante ciò e la difficoltà di giocare in trasferta, i calciatori palestinesi sanno di non essere soli e loro stessi sono consapevoli che avranno il sostegno delle centinaia di migliaia di persone che sostengono la causa palestinese e che loro, “semplici” calciatori per 90 minuti rappresenteranno gli ambasciatori di tutto un popolo che, nonostante le difficoltà e la violenza subita, sogna di poter giocare un Mondiale.

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