Israele: Scelta dettata da esigenze finanziarie e rivisitazione degli asset su cui puntare o scelta frutto della pressione del boicottaggio messo in atto dagli attivisti e dalle attiviste pro-Palestina?

È questa la domanda che da ieri mattina tanti addetti ai lavori si stanno ponendo circa la decisione di Puma di non rinnovare il proprio contratto di sponsorizzazione con la nazionale di calcio israeliana di cui era sponsor tecnico.

Le motivazioni addotte dell’azienda tedesca, infatti, non sgomberano totalmente il campo dai dubbi e sicuramente le tempistiche farebbero pensare che l’escalation di violenza a Gaza e la campagna di boicottaggio nei confronti di tutti quei marchi ed aziende che sostengono Israele, lanciata a livello internazionale dagli attivisti e le attiviste pro-Palestina, abbiano avuto un ruolo non indifferente nella scelta.

Così da inizio 2024 il marchio Puma non sarà più collegato ad Israele e siamo abbastanza convinti che la scelta, dettata sicuramente anche da fattori economici e di “interesse”, slegati dalla questione politica, abbia tenuto sicuramente conto delle centinaia di migliaia di persone che dal 7 ottobre scorso stanno manifestando tutta la propria solidarietà verso la popolazione palestinese, condannando – di fatto – l’operazione militare di terra israeliana che ad oggi ha causato oltre 17.000 vittime.

Persone che, come normale che sia per un’azienda, rappresentano potenziali acquirenti che in un mercato globale quale quello attuale possono indirizzare ed influenzare pesantemente le scelte di mercato anche di una multinazionale come la Puma. A dimostrazione di come le campagne di boicottaggio non siano affatto inutili o fino a sé stesse.

Perché – oggi come oggi – l’immagine di un’azienda è forse anche più importante del prodotto stesso ed essere associata ad una nazionale di calcio che viene utilizzata dal governo israeliano come vero e proprio strumento di propaganda politica, forse non è proprio la migliore delle pubblicità.

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