Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani esprime profonda
indignazione per l’aggressione subita dal giovane Lorenzo a Ottaviano. Un ragazzo di diciannove
anni, reso vulnerabile da due malattie genetiche, è stato colpito dalla violenza di un branco di
minorenni, che non si sono fermati neppure davanti alla sua fragilità, arrivando a sfogare la propria
brutalità su un palo della segnaletica per disabili, divelto come trofeo. Non si tratta di un episodio
isolato, ma del sintomo di una crisi educativa e sociale che non possiamo più ignorare.
Le parole della madre, “non è possibile che non si possa uscire di casa”, esprimono il dolore di chi
vede negato al proprio figlio il diritto alla libertà e alla normalità. Ma quelle parole interrogano
anche la scuola, chiamata più che mai a non rimanere in silenzio di fronte a una simile deriva
culturale. La scuola è il primo presidio civile, il luogo in cui i giovani dovrebbero imparare non
soltanto nozioni, ma soprattutto il senso profondo della convivenza, della legalità, del rispetto.
Se ciò non avviene, se la violenza continua a esplodere nelle strade, è segno che qualcosa si è
interrotto nel percorso educativo. Per questo è urgente un potenziamento reale e incisivo
dell’educazione alla legalità e alla cittadinanza attiva, non come materia accessoria o rituale
formale, ma come pratica quotidiana che attraversi le discipline, i progetti, la vita scolastica stessa.
Una scuola che non educa al rispetto dei diritti umani rischia di diventare complice silenziosa
dell’indifferenza sociale.
Il CNDDU ribadisce che la risposta a episodi come quello di Ottaviano non può esaurirsi
nell’indignazione del momento: occorre trasformare la scuola in un laboratorio permanente di
cittadinanza, in cui si coltivano anticorpi contro la cultura dell’odio e della sopraffazione. Difendere
Lorenzo significa difendere il senso stesso della comunità, e questo compito riguarda in primo
luogo le istituzioni educative, chiamate a farsi voce di una società più giusta, inclusiva e solidale.
Solo un’azione educativa diffusa e capillare potrà spezzare il circolo vizioso della violenza gratuita
e della sopraffazione. I giovani devono poter crescere in ambienti scolastici che insegnino non
soltanto a conoscere, ma a riconoscere l’altro come parte essenziale di sé. Non basta riempire le
aule di programmi: serve trasmettere valori, offrire esempi, creare legami autentici che vadano oltre
la retorica. In questo senso, ogni docente, ogni dirigente, ogni studente diventa protagonista di un
cambiamento necessario. L’aggressione subita da Lorenzo non è un fatto privato, ma un banco di
prova per l’intera società: se sapremo trasformare l’indignazione in azione educativa, allora
potremo davvero dire di avere difeso la dignità della persona e il futuro delle nuove generazioni.
prof. Romano Pesavento
presidente CNDDU