Attualità

CULTURA. Da Bibliopop col Premio Moby Dick viene fuori una poesia di Luciano Censi su Gaza

“A gennaio, per l’edizione 2024, la terza, del Premio Letterario Nazionale “Moby
Dick-Gruppo H24”, nella sezione Poesia, il primo premio è stato assegnato dalla
Giuria al poeta Luciano Censi. Egli è conosciuto sia a Bibliopop che in tutto il
territorio romano, regionale e oltre, perchè da tempo impegnato sul fronte attivo di
inziative culturali sia come partecipante che come promotore. Di pari passo va il suo
impegno civile e politico/sociale. – ci racconta Sergio Santinelli, presidente di
Bibliopop che è alla base della organizzazione del Premio – Oggi, a poche settimane
dall’insediamento alla Casa Bianca del Presidente degli Usa D.Trump, abbiamo
appreso che sia l’amministrazione americana che lo stesso capo della potenza
mondiale, hanno preso ad avanzare bizzarre proposte circa la Palestina: Gaza la
acquista lo stato USA, o in subordine, la acquista Trump; i palestinesi possono essere
trasferiti (deportati) in Arabia Saudita o dove vogliono, altrove; e così via
vaneggiando. Anche per questo, oltre che essere colpiti a livello mondiale e come
intera umanità circa l’orrenda distruzione di vite, comunità e cose a cui è stata
sottoposta la popolazione della “striscia di Gaza”, è ben comprensibile come una
sensibilità alta e attenta abbia sentito la necessità di esprimersi con passione e forza
sulla tragedia. – conclude il presidente – Ringraziamo Luciano Censi che ci ha messo a
disposizione una poesia anticipazione del suo lavoro che la contiene e che è in
procinto di vedere la luce.

GAZA
( Poesia inedita, tratta dalla nuova silloge Poetica “
Dinamiche Sospese” )
“Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
È il mio cuore
il paese più straziato.”
Giuseppe Ungaretti

Camminano in fila,
ombre stanche
sulla terra solcata,
tra fango e ferro,
tra sangue e cielo.
Il fumo mescolato al vento,
poi polvere che ingoia le voci,
non c’è spazio per paura e dolore,
solo per l’attesa.
Un bambino stringe
un pezzo di pane,
gli occhi troppo grandi
per un volto così piccolo.
Non chiede nulla,
non piange più.
Forse ha già capito
che il domani non ha nome.
C’è una casa senza porte,
un campo senza spighe,
una madre senza figlio,
un’anima senza pace.
C’è un vecchio ulivo
sulla collina,
ha radici nelle attese,
le sue foglie sussurrano al sole,
ma il sole risponde
solo all’ombra,
e l’ombra non sa più
cosa dire.
La guerra non ha
mai fine in realtà,
rimane annidata tra i muri
che non crollano,
nei nomi scolpiti sulla pietra,
nel silenzio di chi torna
senza più proferire
alcuna parola.

Luciano Censi

Redazione

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