“Il calcio come esperienza religiosa” di Andrea Novelli ed edito da Ultra Sport è un testo grazie al quale si ha la possibilità di riavvolgere il nastro dei ricordi e a riportarci indietro nel tempo. Siamo a cavallo tra la fine degli anni ‘80 e i primissimi anni ‘90, quando il mondo del calcio, con l’entrata in scena nel comparto televisivo di Silvio Berlusconi vede il moltiplicarsi degli investimenti e il calcio si trasforma in business, le rose diventano ampie, il marketing e le spese sono al limite del buon senso, l’immaginario stesso è amplificato dai mass media.
Un’epoca di passaggio, di speranze e aspettative fuori e dentro il rettangolo verde, che l’autore descrive magistralmente, scrivendo di quel calcio che era sinonimo di fango e sudore, emozioni ed aggregazione, di viaggi da un capo all’altro del mondo per seguire la propria squadra del cuore e vivere un’esperienza unica nel suo genere.
Un libro che con la sua scrittura trova il suo legittimo spazio al fianco di alcuni testi di mostri sacri della scrittura come Osvaldo Soriano, Eduardo Galeano ed Osvaldo Bayer. Un testo che ci racconta quello che per tanti ha rappresentato “l’âge d’or” del calcio italiano e che idealmente avrebbe dovuto essere il trampolino di lancio per le nostre vite in un futuro che tutti ci saremmo aspettati straordinario e luminoso.
Il nuovo libro di Andrea Novelli è, infatti, molto di più di un racconto sportivo: è il tentativo – più che riuscito – di dimostrare come il calcio sia un fenomeno sociale di massa al pari di un’esperienza “religiosa”. Qualcosa ai limiti del mistico, quasi del tutto inconcepibile ed incomprensibile per i miscredenti.
La partita è un momento di carattere sociale e collettivo che fa sentire parte di una comunità chi vi assiste, esattamente come i fenomeni religiosi. Pur avendo i caratteri di una religione, il calcio non implica l’obbligo di credere in un dio, anche se si tende a idolatrare i campioni che militano nella propria squadra.
Ed è così che tre città – Genova, Monaco di Baviera e Milano – si trasformano in tre luoghi di culto dove tra il sacro ed il profano, tra un rito e l’altro, vanno in scena tre partite attraverso cui raccontare il calcio come fenomeno sociale e metafora delle nostre vite.
È il 19 aprile 1989, giorno della semifinali di ritorno della Coppa delle Coppe tra Sampdoria e Malines, di Bayern Monaco e Napoli di Coppa Uefa e di Milan vs Real Madrid di Coppa dei Campioni. È qui che comincia quella che sarà un’esperienza unica ed irripetibile…