Natale è un amplificatore di emozioni: quando si è felici o tristi lo si è di più, allo stesso modo quando si prova dolore o gioia.
Accade perché le sensazioni sono tutte in subbuglio e divengono un agglomerato senza senso, completamente ingarbugliato e in disordine.
Quando sta per avvicinarsi il Natale, ognuno tende a raccogliersi per guardare cosa hanno raccolto l’anima e il cuore, e osservarsi dall’interno può accendere e spegnere, compartizzare ogni vissuto durante l’arco dell’anno e analizzare quello che si è dato e ricevuto, l’impegno messo per raggiungere traguardi e obiettivi e la frustrazione per gli insuccessi.
La tristezza, invece, deriva dalla lontananza dagli affetti, dal vuoto di chi ha smesso di vivere una vita terrena, dalla mancanza di chi si ama profondamente e dalla malinconia di un passato che non torna. Non ritorna: le tavolate non saranno mai uguali, sia per i posti vacanti sia per la sofferenza che ha provocato un buco profondo nell’anima.
Natale è uno spartiacque: ci si sofferma sull’anno che sta per terminare, si indugia su quello che sarà e si osserva l’orizzonte futuro, quello che, piano piano, si sta avvicinando. Sta per suonare il campanello. Sta per entrare.
E niente è e sarà più lo stesso, perché ogni Natale porta la scia di qualcosa di vecchio e di nuovo; qualcosa che qualcosa non è.
Ecco che il contenitore “natale” viene riempito; e se, dall’esterno, pare sia ordinato, in profondità ha un caos che è il senso effettivo della vita. Dell’esistenza. Dell’esserci.
Nel giorno che precede la Vigilia di Natale è necessario staccare gli interruttori che la malinconia ha messo in moto, per dare luce alla Luce: bisogna cercarla, trovarla e custodirla.
Che sia un Natale luminoso per tutti.


