di Romano Pesavento

È uscito in edicola il 30 ottobre il numero 470 del mensile Dylan Dog, intitolato “Una forma
irreversibile di morte”. Pubblicato da Sergio Bonelli Editore, l’albo è firmato da Barbara Baraldi
per soggetto e sceneggiatura, con i disegni di Nicola Mari, la copertina realizzata da Gianluca e
Raul Cestaro.
Dylan Dog, oltre a intrattenere con intelligente leggerezza i suoi lettori da sempre, ultimamente
pone l’accento su tematiche di profonda attualità, che si snodano tra i bisogni più profondi
dell’essere umano e gli imprevedibili effetti delle conquiste scientifiche. Chiunque abbia
sperimentato un lutto “pesante”, una perdita incolmabile, un dolore lancinante, avrà desiderato /
sperato di poter in qualche modo riallacciare il filo degli affetti e della memoria con chi non c’è più.
Alla luce delle nuove risorse tecnologiche sempre più avveniristiche e quasi incontenibili il
problema diventa: fino a che punto è lecito spingersi rispetto a una simile emergenza emotiva?
Barbara Baraldi, con il suo taglio critico e la sua cifra stilistica riflessiva, prova a darci una risposta,
ipotizzando un prossimo futuro in cui sia possibile scardinare le invisibili porte che separano morti
e vivi. Gli effetti di tale esperimento, determinato, tanto per cambiare, dalle avidità di lobby
industriali votate più al profitto che alla comprensione delle debolezze umane, saranno a dir poco
perniciosi, come sarebbe prevedibile. L’albo si chiude con una certezza che non coinciderebbe
banalmente con il consolatorio concetto di “lasciare i morti dove stanno”, ma, più che altro, con un
monito: non decidere per chi non può più farlo, quando gli esiti di una simile imposizione sono
inimmaginabili. I sentimenti buoni per fortuna prevalgono e l’amore rimane la risposta per tutto;
l’amore di chi ci ha lasciato e non vorrebbe mai vederci in preda a una disperazione senza fine e
l’amore di chi può continuare a ricordare i propri cari senza effetti speciali pericolosi.
Speriamo che l’amore basti davvero, quando la ragione umana sembra oltrepassare i limiti del
consentito e imboccare i corridoi del delirio.
I disegni Nicola Mari “sporchi” e grumosi di china tratteggiano un’atmosfera gravida di eventi
terrifici e distopici; i primi piani stravolti dei personaggi non vivi o di quelli in trance ricordano da
vicino molti film horror di autore; la struttura industriale trasformata in nosocomio dei semivivi è
tetra e asfittica quanto serve. I lineamenti dei personaggi a tratti caricaturali e grotteschi esprimono
bene il dramma di una vita oramai in bilico tra essere e non essere.
La copertina dei fratelli Cestaro con Dylan e la sua coprotagonista dell’avventura assorti in un
vorticoso dormiveglia letale comunica la prigionia labirintica degli spiriti prigionieri di un limbo
immeritato.

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