di Romano Pesavento

È uscito in edicola il 13 dicembre il numero 5 di Oldboy seconda serie Dylan Dog, intitolato
“Fantasmi di guerra”. Pubblicato da Sergio Bonelli Editore, l’albo è firmato da Francesco
Matteuzzi per soggetto e sceneggiatura, con i disegni di Giuseppe Montanari e Ernesto Grassani, la
copertina realizzata da Marco Nizzoli.
L’avventura di dicembre si presenta perfettamente in linea con lo spirito natalizio, naturalmente per
difformità, e in perfetta coerenza con le atmosfere dylaniane: bambini, fantasmi, povertà, conventi e
suore malefiche; praticamente gli ingredienti giusti per una novella di Charles Dickens. La storia è
ambientata negli anni più drammatici di Londra: quelli della II guerra mondiale e in uno istituto
religioso accadono orrori e misfatti che potrebbero rivaleggiare con gli abomini che vengono
perpetrati durante il conflitto stesso; tanto più che i “nemici” sono proprio le persone che
dovrebbero tutelare e difendere chi è più vulnerabile. E qui si potrebbe anche individuare un
riferimento ai fatti di cronaca che dagli anni ’90 in poi hanno visto strutture educative religiose e
non del mondo anglosassone teatro di orribili violenze, ai danni di minori, con il pretesto
dell’educazione da impartire, a tutti i costi, soprattutto a chi “devia” e diverge dall’obbedienza.
Il lieto fine ci sarà, ma prima chi è stato umiliato e offeso si trasformerà in carnefice spietato, a
ennesima riprova che dalla violenza non può nascere mai il rispetto delle regole ma solo
sopraffazione o estrema vulnerabilità.
I disegni di Giuseppe Montanari ed Ernesto Grassani riecheggiano sicuramente alcune inquadrature
di pellicole horror famose, in primis The Nun, però con una dose di realismo grottesco molto
profilato, atto a rendere i volti dei malvagi, più che terrificanti, ordinariamente volgari, quasi a voler
ribadire un concetto ormai sdoganato in ogni contesto ma mai sottolineato abbastanza: la banalità
del male.
La copertina di Marco Nizzoli sintetizza con notevole efficacia il cuore tematico dell’albo: un
Dylan Dog centrale, ieratico e quasi giudicante, tiene in equilibrio sulle mani due immagini
speculari dell’orrore, come su una bilancia morale impossibile da pareggiare. Da un lato la suora
armata, figura sacrilega che incarna la violenza mascherata da disciplina e devozione; dall’altro i
bambini, vittime silenziose e inermi di un sistema che dovrebbe proteggerli. Sullo sfondo, il
convento si staglia come un luogo di fede corrotta, attraversato da lampi che evocano tanto la
tempesta interiore quanto il fragore della guerra esterna. Il volto di Dylan, illuminato da una luce
fredda e spettrale, non offre consolazione ma consapevolezza: non c’è scelta giusta, solo la presa
d’atto di un male che si insinua dove meno dovrebbe. Un’immagine potente, cupa, che anticipa
perfettamente il tono morale e tragico del racconto.

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