LA MAGIA DELLE STAZIONI E L’IMPORTANZA DEL VIAGGIO

Un famoso aforisma di Hanry Miller afferma che «la propria destinazione non è mai un luogo ma un nuovo modo di vedere le cose». Chi viaggia ha a che fare con stazioni ferroviarie, aeroporti, porti navali o stazioni di servizio; questi luoghi sono il grembo che accoglie un agglomerato di esseri umani, sconosciuti, un andirivieni che mescola lingue e culture di ogni tipo.

In questo ultimo anno, ho frequentato qualche stazione ferroviaria: Napoli, Bologna, Firenze, Roma, Massa Carrara; sono stata un’osservatrice imparziale, una spettatrice che si è cibata delle molteplici scariche emozionali derivate dall’incanto dell’incontro. Ho scrutato occhi ricolmi di lacrime, l’acredine delle partenze, l’odore dei ritorni, degli abbracci stretti; ho osservato la pienezza dei rapporti, di “ultimi baci” che non saranno mai ultimi, e zaini troppo pesanti, ricolmi di stati d’animo, cuore e canzoni che fanno da colonna sonora a quei momenti lì; ho sentito il rumore di tasti digitati velocemente, pendolari svegli all’alba, studenti rincorrere il treno -per non perdere l’occasione di arrivare in tempo-, lavoratori che lasciano la propria terra per inseguire un sogno, innamorati che si radicano in posti diversi per far crollare la distanza. La lontananza. Il tempo e lo spazio.

In questo anno di viavai, ho incontrato e scontrato la mia storia con “l’altro”, ne ho riconosciuto i contorni e ne ho ricordato i racconti.
Quando si viaggia accade una magia: l’introspezione che ne deriva fa conoscere e comprendere ogni angolatura del proprio essere, anche quelle che non ci si aspettava di avere; si acquisisce consapevolezza, volere, determinazione.
Quando si viaggia ci si immergere nell’abisso, nelle tenebre, nel bianco, nel nero, nel blu, nel rosso, nell’arcobaleno. Ci si immerge nella vita che corre via come quel treno sui binari.
«Se il proprio treno è in ritardo, la coincidenza partirà in perfetto orario». Arthur Bloch