Un giovane portalettere precario di Poste Italiane a Taranto, Francesco – nome di fantasia –, ha lavorato
170 ore di straordinario che non gli sono state pagate. Assunto nel 2021 con un contratto a termine della
durata totale di 10 mesi, nel corso del suo incarico anticipava l’entrata e posticipava l’uscita da lavoro,
accumulando un notevole numero di ore extra senza la dovuta retribuzione. Si tratta dell’ennesimo caso
che fa emergere una prassi illegale e diffusa.

Che l'abitudine di far lavorare i precari di Poste Italiane più ore del previsto senza retribuirli sia una pratica
radicata è stato di recente al centro di un’inchiesta del programma televisivo Report, condotto da Sigfrido
Ranucci. A questo punto, le domande sono inevitabili: quanti sono i portalettere precari che a Taranto si
trovano in una situazione analoga a quella di Francesco, avendo lavorato senza retribuzione? Perché i
sindacati non intervengono per chiedere all’azienda di regolarizzare la situazione, costringendo i lavoratori
a rivolgersi ad avvocati privati? Francesco, infatti, ha potuto far valere i propri diritti grazie al supporto
dell’Associazione Precari in Rete, nata proprio per unire e tutelare i lavoratori e le lavoratrici precari di
Poste su tutto lo stivale. Un’azione che dimostra come, in certi casi, la via legale sia l’unica percorribile per
ottenere giustizia.

Per anni, Francesco non aveva denunciato l'accaduto, temendo che la sua azione potesse compromettere la
possibilità di un posto fisso. Questa paura è condivisa da molti colleghi, che, come lui, temono che
denunciare le irregolarità possa portare a ritorsioni, compromettendo le loro speranze di un contratto a
tempo indeterminato. Ma «il posto fisso si è rivelato un miraggio – ha spiegato –, perché la procedura di
stabilizzazione non premia l’anzianità di servizio». La graduatoria si basa sui periodi lavorativi e chi ha svolto
incarichi più lunghi, fino a 12 mesi, può scavalcare chi ha lavorato per periodi più brevi. Nel frattempo,
Poste ha continuato ad assumere nuovi precari, allungando a dismisura le graduatorie esistenti.
Così, stanco di aspettare una stabilizzazione che difficilmente sarebbe arrivata, lo scorso autunno Francesco
ha deciso di ricorrere alle vie legali per far valere i propri diritti. Questa è la prova di un sistema che sfrutta
i lavoratori più vulnerabili, a discapito della loro dignità e nel silenzio delle istituzioni. L’assegno che
Francesco ha ricevuto oggi non è solo la sua vittoria personale, ma un monito per tutti i precari: far valere i
propri diritti è possibile. Chiunque si trovi in una situazione simile ha fino a 5 anni dalla scadenza del
contratto per richiedere quanto dovuto.

Carmine Pascale
Associazione Precari in Rete

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