La sindrome di Stendhal è un disturbo psicosomatico che si manifesta con una sensazione di grande malessere diffuso, associato ad una sintomatologia tanto psichica quanto fisica dinanzi ad opere d’arte o architettoniche di estrema bellezza.

Viene definita anche “sindrome di Firenze” poiché nella città toscana è stato registrato un elevatissimo numero di casi di sindrome di Stendhal; tendenzialmente, colpisce allo stesso modo individui esperti d’arte e non.

I soggetti colpiti da questa sindrome vivono una forte estasi contemplativa.

Le manifestazioni di Stendhal differiscono da soggetto a soggetto e comprendono diversi sintomi che possono variare; è altresì differente l’opera che fa scaturire la sintomatologia.

Stendhal si manifesta in maniera del tutto improvvisa, senza preavviso; rientra nei disturbi psicosomatici transitori, anche se, chi ne è affetto, potrà solo gestirne la comparsa senza guarirne. 

I sintomi caratterizzanti sono: attacchi di panico, dispercezione del mondo esterno, depersonalizzazione, derealizzazione, tachicardia, senso di oppressione, vertigini; il soggetto resta in una sorta di stasi che immobilizza e pone in una condizione nella quale non si riconosce il proprio corpo.

Dal punto di vista clinico, le manifestazioni della sindrome di Stendhal possono essere gravi o meno gravi, dipenderà sicuramente dalla stabilità emotiva di chi ne soffre.

Generalmente, per gestire Stendhal bisognerebbe portare l’attenzione su altro, allontanarsi dall’opera che ha provocato la sindrome e distaccare la percezione sull’euforia o sulla malinconia che si avverte.

Non è semplice, come si possa pensare, descrivere quello che si prova con la sindrome di Stendhal: arriva all’improvviso, invadendo completamente i sensi, annidandosi prepotentemente in un posto inesplorato, che arde.

La prima testimonianza della sindrome di Stendhal ci viene data dallo scrittore francese Marie-Henri Beyle, in arte Stendhal, che nel 1817 lo descrisse minuziosamente nella sua opera “Roma, Napoli e Firenze”, cito le sue parole:

«Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere».

Le sensazioni di disagio e malessere vennero scatenate durante la sua visita nella Basilica di santa Croce a Firenze, tanto cariche da portarlo a descriverle in prima persona.

L’impatto che si viene a creare tra l’opera d’arte, qualsiasi essa sia, e il soggetto che è affetto dalla sindrome, sono riconducibili a fattori tanto esterni quanto interni, derivanti dall’esperienza estetica.

La visione dell’opera cambia radicalmente: quello che si manifesta dinanzi agli occhi è impattante, diventa un vortice che sconvolge e, talvolta, annienta: la reazione è, però, transitoria, per cui non è necessario intervenire con terapie o tranquillanti. 

L’ultima evenienza si adotterà solo se alla sindrome di Stendhal si associano altri tipi di disturbi.

 

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