Marano: il tema acqua pubblica non coinvolge soltanto la sfera politica della città, ma, essendo un argomento sociale, deve interessare tutta la comunità. Anche i parroci della città hanno quindi preso una posizione netta.

Ieri siamo stati accolti da Don Luigi Merluzzo, Don Ciro Russo e Don Rosario Moxedano, che, assieme a Fra’ Sereno, hanno accettato di confrontarsi su una questione molto delicata.

Nelle ultime settimane ha tenuto banco la decisione dell’Amministrazione comunale di affidare ad Acquedotti s.c.p.a. la gestione del servizio idrico in città. Dopo l’appello di Alex Zanotelli, anche le Chiese hanno preso una posizione in merito.

Le Chiese di Marano sono da sempre molto attente a tutti i temi sociali, da quello ambientale (come ad esempio la raccolta differenziata) a quello dell’acqua, cercando di sensibilizzare e far capire quanto siano importanti questi argomenti. Probabilmente la nostra ‘pecca’ è quella di non pubblicizzare tanto le nostre attività, ma il problema principale è che non ci sia nessuno che coordini le varie realtà del territorio, dalla politica alla Chiesa, dalla scuola alle associazioni. Se si riuscisse ad unire tutte le forze si lavorerebbe di meno e si otterrebbero maggiori risultati.

In un momento del genere il rischio che esplodi una rabbia sociale è concreto, cosa si può fare affinché tutto ciò non avvenga?

Questo è un sentimento che non ci appartiene. Quello che bisogna trasmettere e capire è che l’acqua, così come l’aria e la terra, è un dono di Dio e in quanto tale deve essere un diritto di tutti. Non siamo qui per fare politica, questo è un problema sociale e bisogna comprendere che l’acqua non può essere una merce. Per questo motivo durante le celebrazioni domenicali abbiamo inserito dei passaggi per far conoscere a tutti questa situazione affinché tutti possano essere coinvolti e sensibilizzati.

L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ha mostrato un lato molto fragile della popolazione. Le basi su cui si basavano le vite dei cittadini sono crollate. Cosa si può fare per superare tutti insieme questo delicato momento?

Le nostre Chiese sono da sempre aperte ad ascoltare e ad aiutare chiunque ne abbia bisogno. In questo anno, però, abbiamo riscontrato un naturale aumento dei disagi dei cittadini e anche chi prima viveva in condizioni tutto sommato stabili e accettabili, oggi non ha più certezze. Noi siamo ancora più disponibili e cerchiamo in ogni modo di aiutare chi è in difficoltà, collaborando molto fra di noi. È proprio in questo momento, però, che sarebbe importante fare rete anche con le Istituzioni per affrontare insieme l’emergenza.

Cosa può fare la Chiesa in questo delicato momento?

Purtroppo i momenti di confronto, a causa del covid, non ci sono più. L’unico strumento a nostra disposizione è la celebrazione, durante la quale proviamo ad affrontare anche questi temi sociali per sensibilizzare i fedeli. In passato abbiamo fatto incontri educativi e formativi per far capire quanto sia importante affrontare tutti insieme questi argomenti. Oggi siamo costretti a farlo attraverso i social, dai quali lanciamo messaggi chiari e, speriamo, efficaci.

Nell’ultimo anno le attività sociali sono state davvero ridotte, tanto è stato il tempo trascorso in casa. Diventa, quindi, ancora più importante il ruolo della famiglia nella crescita dei bambini.

La famiglia ha un compito molto delicato. Assieme alle scuole, i genitori possono plasmare le generazioni future. Prima del Covid, grazie soprattutto alla presenza di presidi predisposte alla sensibilizzazione di tematiche quali educazione e solidarietà, stavamo lavorando molto bene in sinergia con gli Istituti scolastici e di conseguenza alle famiglie. I bambini e i ragazzi saranno sicuramente il futuro, ma se si lavora bene potrebbero diventare già oggi l’esempio da seguire anche da parte degli adulti.

Qual è il consiglio che vi sentite di dare ai cittadini affinché si possano affrontare i problemi di ognuno di noi come una comunità?

Questo è un nodo cruciale. Tante volte i cittadini affrontano i problemi individualmente. Bisogna comprendere, invece, l’importanza di essere uniti per raggiungere un risultato collettivo. Il punto non è semplicemente la privatizzazione dell’acqua, bensì capire quali sono i motivi che hanno indotto l’Amministrazione a pensare ad una soluzione del genere. Fin quando non si inizia a vivere e ragionare come una comunità, la strada sarà sempre in salita. C’è bisogno di collaborazione ed umiltà e crediamo che Papa Francesco sia l’esempio lampante  per comprendere quanto tutto ciò sia importante.

 

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