Dietrich Bonhoeffer era un giovane teologo e pastore tedesco vissuto durante il periodo nazista e considerato una figura di spicco della resistenza nazista. Bonhoeffer fu in prigionato nel 1943 e giustiziato nel 1945 poche settimane prima della caduta di Berlino, con l’accusa di aver partecipato ad un complotto contro Hitler. Durante il suo periodo in prigionia Bonhoeffer, scrisse una raccolta di lettere in cui rifletteva sul fatto di come il suo paese di poeti e pensatori, si fosse trasformato in un collettivo dei vigliacchi e criminali, e arrivò alla conclusione che la radice del problema non era la malvagità delle persone, ma la loro stupidità.
Secondo Bonhoeffer, la stupidità è un nemico del bene molto più pericoloso della malvagità, perché mentre si può protestare contro il male, lo si può smascherare o lo si può combattere anche con la forza se necessario, perché il male contiene sempre i semi della sua stessa distruzione, non c’è invece difesa contro la stupidità e la follia. Nè le proteste, nè la forza, sono di alcuna utilità contro la stupidità, dato che questa non è mai disponibile alla ragione.
Se fatti inconfutabili contradicono i pregiudizi personali di uno stupido costui li considererà semplicemente casuali e l’ignorerà e accantonerà, considerandoli come eccezioni. Così lo sciocco, rispetto al furfante, sarà inevitabilmente soddisfatto e autocompiaciuto di se stesso.
Lo stupido, secondo Bonhoeffer, può diventare facilmente pericoloso, perché non ci vuole molto per renderlo aggressivo. Il risultato è che la follia e la stupidità richiedono una gestione molto più cauta del male. Non dovremo mai cercare di ragionare con lo sciocco, perché inutile e pericoloso.
Se vogliamo sapere come avere la meglio sulla stupidità, dobbiamo cercare di capire la sua natura. La stupidità non è essenzialmente un difetto intellettuale, ma morale. Ci sono uomini con gran intelletto, ma fondamentalmente stupidi, e altri che sono intellettualmente limitati ma tutt’altro che stupidi. L’impressione che ne ricaviamo è che la stupidità sia acquisita piuttosto che congenita. E acquisita, in certe circostanze, in cui gli uomini si rendono ridicoli o permettono agli altri di rendersi ridicoli.
Osserviamo inoltre che la stupidità è meno comune negli asociali o nei solitari che negli individui o nei gruppi che sono inclini o condannati alla socievolezza. Da questo sembrerebbe che la stupidità sia un problema sociologico, piuttosto che psicologico.
Secondo Bonhoeffer, ogni rivoluzione violenta sia politica che religiosa produce un’esplosione di stupidità in una grande fetta della popolazione. Il potere dell’uno ha bisogno della stupidità dell’altro.
Non è che particolari capacità umane come l’intelletto vengano improvvisamente meno, ma sembra che sotto l’impatto schiacciante del potere crescente, l’uomo sia privato di quell’indipendenza interiore e rinunci più o meno consapevolmente a una posizione autonoma in cui valutare da solo, con il proprio cervello, il nuovo stato delle cose.
Lo sciocco può essere spesso testardo, ma questo non deve indurci a pensare che sia indipendente. Nelle conversazioni con costui si sente come sia quasi impossibile parlare con l’uomo che abbiamo davanti. Di parlare con lui personalmente, ci si trova invece di fronte con una serie di slogan parole d’ordine e simili che hanno acquisito potere su di lui.
È sotto una maledizione. È accecato. La sua stessa umanità viene prostituita e sfruttata. Una volta che ha ceduto la sua volontà ed è diventato un mero strumento, non c’è limite al male a cui lo stupido si spingerà a fare, ma per tutto il tempo lui non sarà in grado di capire che sta facendo del male. Che acquista il pericolo di uno sfruttamento diabolico della stupidità umana, che può fare danni irreparabili.
Secondo, Bonhoeffer, solo un atto di redenzione interna, può librare una persona dalla propria stupidità. Fino che questo non accade ogni tentativo di istruire la sarebbe futile.
fonte: l’arte della crescita personale
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