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MORTE PACIOLLA. La madre di Mario: “Aspettiamo la verità, è stato ucciso”

“Sappiamo che la vicenda di Mario è complessa, la Colombia è lontana, ma l’Onu deve dare delle risposte. Vogliamo che ci dicano la verità e cioè che Mario è stato ucciso, su questo non molleremo di un passo”.

Lo afferma Anna Motta, la madre di Mario Paciolla, il cooperante morto 4 anni fa in Colombia, dove lavorava per l’Onu, trovato impiccato nella sua stanza. La donna ha ricordato suo figlio in Piazza Municipio, a Napoli, la città del giovane morto a 33 anni, insieme a decine di attivisti ed amici: su Palazzo San Giacomo, sede del Comune, campeggia tuttora lo striscione “Giustizia per Mario Paciolla”.

“Nell’ultimo anno – spiega Anna Motta – abbiamo incontrato persone e associazioni che hanno sostenuto la causa e ci fa piacere che la città di Napoli oggi ricordi Mario e che ci siano qui anche Amnesty International e Articolo 21. E’ un momento importante ritrovarsi dopo 4 anni nel centro della città che Mario amava e ricordarlo tutti insieme”. Ora “c’è bisogno – aggiunge – che il governo faccia un’opera di mediazione, perché bisogna capire il motivo per cui le indagini non vanno avanti.
Noi abbiamo una certezza da genitori, ma ci sono prove indiziarie e scientifiche che dicono che questa vicenda non dovrebbe essere archiviata”.

In piazza anche Pino Paciolla, il padre di Mario, il quale ricorda che dopo una prima richiesta di archiviazione, respinta dal gip, la procura di Roma ha reiterato l’istanza: “Ora ci ritroviamo a combattere con un’altra richiesta di archiviazione.
Non sappiamo le motivazioni, perché non ce le hanno dette”. Ma di una cosa Pino Paciolla è certo: “Mio figlio è stato assassinato. Non lo dico perché sono suo padre, ma perché analizzo quello che ci ha raccontato negli ultimi giorni. Ci diceva che aveva litigato con i suoi superiori, che si era messo in un guaio, ci disse anche ‘me la faranno pagare’. Noi pensavamo a un fatto di carriera, non a un fatto così tragico.
Il suo contratto scadeva il 20 agosto, a distanza di un mese quindi sarebbe tornato a Napoli. Sappiamo che il 14 sera ha fatto un biglietto aereo e ha fatto una email all’ambasciata dicendo che stava lasciando la Colombia. Nei giorni antecedenti aveva chiuso il conto corrente e restituito gli attrezzi ginnici che aveva per tenersi in forma. Non sono situazioni compatibili con un suicidio. Sono cose che fa una persona lucida, lui voleva lasciare il paese, si sentiva in pericolo”.

Il padre di Paciolla ricorda come “l’Onu da allora mi ha solo chiamato una volta per darmi questa tragica notizia in maniera molto brutale. Da allora non abbiamo sentito nient’altro. Il governo dell’epoca ci assicurò il suo appoggio, ma da allora non abbiamo avuto alcuna comunicazione”.

Redazione

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