Massimo Lo Cicero è scomparso a 72 anni, il 6 novembre ne avrebbe compiuti 73. Economista, studioso meticoloso e analista delle questioni macroeconomiche del Mezzogiorno, una mente brillante, come ci ricordano i suoi scritti, ma ancor più cio che ha che ha insegnato alle migliaia di studenti che si sono laureati con lui e che, oggi, ricoprono posti apicali nella società e in luoghi strategici di aziende, enti e fondazioni bancarie.
Negli ultimi due anni una maledetta sindrome ha agito come legge del contrappasso bloccando proprio quella vivace parola e quel suo pensiero mai superficiale, a tratti anche divertente supportato da dati, grafici, suggestioni come la famosa «virgola di ponente», l’asse Torino-Napoli e l’asse Milano-Matera-Bari, che gli permetteva di esprimere le più complesse contraddizioni del nostro Mezzogiorno. Così cercava di rappresentare con un disegno, con un grafico, quello che la parola non gli permetteva più di esprimere.
Molti, ieri, i messaggi di cordoglio, tra cui quello dell’eurodeputato del Pd Enzo Amendola per cui «Massimo Lo Cicero è stato un uomo di pensiero, un economista lungimirante, una persona simpatica e perbene. La sua perdita mi rattrista molto. Gli ero affezionato. Un abbraccio alla famiglia e ai suoi cari».
«Professo’», non ti sei mai risparmiato, ci mancherai da morire, mancherai alla cultura meridionalista, mancherai umanamente a me, a Roberto, Fiamma con Luca, Adele e Mirta, a tutti noi che ti abbiamo voluto bene. Adesso ci vorrebbe una tammorra vivace per accompagnarti.