Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani intende esprimere
apprezzamento per la posizione assunta dal Ministro dell’Istruzione e del Merito, prof. Giuseppe
Valditara, in merito ai recenti episodi di rifiuto della prova orale da parte di alcuni studenti, come
accaduto a Belluno, Padova, Treviso e Firenze. Il Ministro ha chiaramente affermato che, a partire
dal prossimo anno, comportamenti di boicottaggio dell’esame non saranno più ammessi,
prevedendo la ripetizione dell’anno scolastico per chi si rifiuti deliberatamente di sostenere le prove
finali.
Tale presa di posizione non rappresenta un atto repressivo, bensì una necessaria riaffermazione del
valore del rispetto delle regole condivise e del patto educativo che lega docenti, studenti, famiglie e
istituzioni. L’Esame di Stato, ora "Esame di Maturità", non è un semplice adempimento
burocratico, ma un rito di passaggio culturale, civile e formativo, che implica non solo conoscenze
ma anche responsabilità, coerenza e capacità di affrontare le sfide personali e collettive.
Le modalità con cui alcuni studenti hanno scelto di disertare o trasformare l’orale in un atto
simbolico non possono essere romanticizzate come forme di protesta consapevole, soprattutto
laddove si possa adombrare un mero tentativo di aggirare l’ultimo momento valutativo facendo leva
su una normativa che consente, attualmente, con un punteggio pregresso sufficiente, di ottenere
comunque il diploma.
In questo contesto, è doveroso affermare che il diritto al dissenso non può coincidere con il diritto di
sottrarsi alle regole comuni. Il gesto di “non presentarsi” o “non rispondere” all’esame è privo di
una reale proposta alternativa, ed è inaccettabile che venga presentato come un atto educativo
quando rischia di diventare, nei fatti, una forma di elusione.
L’educazione ai diritti umani si fonda su principi di responsabilità, equità, doveri reciproci. Ogni
diritto si esercita all’interno di un contesto regolato: trasformare un momento di verifica
istituzionale in una performance personale di rifiuto, senza dialogo, senza confronto con la scuola,
significa spezzare unilateralmente il contratto formativo tra le istituzioni e le famiglie.
Riconosciamo che la scuola debba migliorare la sua capacità di ascolto e relazione. Ma il dissenso,
per essere autentico e trasformativo, deve agire dentro le regole, non contro di esse. Educare alla
cittadinanza significa anche insegnare che la protesta ha senso se si assume la responsabilità delle
sue conseguenze, e non se si maschera come scelta educativa ciò che può essere vissuto,
legittimamente o meno, come un modo per evitare il confronto.
Per questo motivo, proponiamo una via di mediazione alta e pedagogicamente fondata:
– Introduzione di una sezione “espressiva e riflessiva” nell’orale, in cui ogni candidato possa
scegliere di presentare un breve elaborato, discorso o progetto personale, legato al proprio
vissuto scolastico o a un tema sociale rilevante, valutato non in senso disciplinare ma
comunicativo e civico.
– Avvio di un’unità nazionale di ascolto studentesco, coordinata tra MIUR, scuole e
rappresentanze giovanili, che consenta di raccogliere istanze, esperienze e criticità da parte
delle studentesse e degli studenti su base continuativa.
– Potenziamento del dialogo educativo tra scuola e famiglia, anche tramite sportelli psico-
pedagogici in ogni istituto, per prevenire situazioni di disagio profondo, oggi troppo spesso
espresse attraverso gesti di rottura
Il CNDDU continuerà a lavorare per una scuola più umana, più partecipativa e più dialogica, ma
sempre inserita in un quadro di responsabilità condivise.
prof. Romano Pesavento
presidente CNDDU


