Siamo tutti noi affezionati all’Università di Pisa, in primo luogo perché per
parecchi ha costituto il luogo dove si è studiato e ci si è formati.
Anche per questo, ben conosciamo le precarie condizioni strutturali in cui
anche grandi docenti e luminari di fama internazionale erano costretti a
svolgere la loro attività di ricerca e anche i laboratori, a volte ricavati in stanze
di antichi palazzi del centro, in cui noi studenti svolgevamo le prove di
laboratorio.
Siamo consapevoli del ruolo strategico dell’Università per la città di Pisa e
della “competizione” a livello di qualità dell’insegnamento e della ricerca che
essa deve sostenere a livello internazionale.
Quindi sul fatto che l’Università debba soddisfare le sue esigenze logistiche
per noi nulla quaestio.
L’università di Pisa, tuttavia, accanto al suo impegno per la pace e contro la
ricerca delle armi, vuol fare come suo tratto distintivo anche la sostenibilità
ambientale. Ne siamo lieti.
Questo però a nostro avviso contrasta con il suo piano di sviluppo edilizio che
prevede, dopo la “nuova Chimica”, la realizzazione di quasi 60.000mq di
Superficie Utile Lorda di nuovi edifici, diciamo intorno a 300.000metri cubi, con
un ingente consumo di suolo.
Ma non è solo il consumo di suolo che contrasta con la sostenibilità ambientale
e la riduzione delle emissioni climalteranti. Infatti un tale programma non può
che prevedere una grande necessità di cemento e la produzione di cemento è
responsabile di circa l'8% delle emissioni globali totali di CO 2 . Si stima che per
ogni tonnellata di cemento prodotta, venga emessa quasi una tonnellata di
CO 2 .
Poi c’è l’incidenza della complessiva politica edilizia dell’Università sulla città,
la sua vita quotidiana, la sua mobilità. Di questo ci occuperemo in successive
prese di posizione.
Come conciliare esigenze logistiche dell’Università e sostenibilità? In primo
luogo investendo nella ristrutturazione degli edifici di proprietà (che ricordiamo
essere circa 150 in città) senza lasciarli deperire negli anni, come purtroppo si
è fatto con il Palazzo dei Congressi.
Questo potrebbe ridurre le esigenze di nuove costruzioni.
In secondo luogo se si vuole avere un comportamento attento alla sostenibilità
non è possibile che ogni edificio dismesso venga messo sul mercato al solo fine
di fare cassa per costruire nuovi edifici, consumare nuovo suolo con nuovo
cemento, magari chiedendo al Comune di poter riutilizzare tutta la Superficie
Utile Lorda di enormi vecchi edifici, come ad esempio la vecchia Chimica (area
ed edifici che necessiteranno di profonda bonifica) in via Risorgimento, per
nuove destinazioni più remunerative.
Questo sarebbe il comportamento di un qualunque speculatore privato che
però non ha alcuna pretesa di essere attento alle sorti del pianeta.
È necessario a nostro avviso che l’università se vuole realmente essere
attenta alla sostenibilità cominci ad entrare nell’ottica di rinaturalizzare
almeno alcune delle aree dismesse (resede edificio non storico di Chimica
in via Risorgimento? Veterinaria alle Piagge?…) e che le aree verdi presenti
nelle facoltà dismesse vengano cedute alla fruizione collettiva, come
positivamente è previsto per l’area verde di Chimica in via Risorgimento.
Sappiamo che tutto ciò ha un costo ma la sfida per la decarbonizzazione pone
tutti di fronte a scelte nuove, coraggiose ma indispensabili, che potrebbero
anche porre la nostra Università all'avanguardia, non solo in Italia.
Vietare coriandoli e palloncini, incentivare l’uso della bici, incontrare le
associazioni ambientaliste dopo i nefasti tagli arborei di Tombolo, sono tutte
cose importanti ma non bastano.
Pisa, 28 giugno 2025
Associazione ambientalista La Città Ecologica APS
Comitato per la difesa di Coltano – Parco MSRM
Italia Nostra Toscana
Italia Nostra Pisa
Amici della Terra – Versilia