Quante volte in questi mesi ci siamo chiesti quali saranno gli effetti della pandemia sulla nostra psiche ma soprattutto su quella dei piccoli eroi di questa guerra invisibile, i bambini. Abbiamo intervistato il dottore Enrico Chelini, psicologo e psicoterapeuta, specializzato in psicoterapia breve strategica e direttore dello studio di psicoterapia strategica di Livorno.
Da quasi un anno stiamo combattendo contro un nemico invisibile: il Coronavirus. Quest’ ultimo ha stravolto in molti ambiti la vita di ciascuno. Come è stato percepito psicologicamente questo evento sia dalle persone adulte ma soprattutto nei bambini?
“L’impatto di questa situazione può essere particolarmente destabilizzante sul benessere mentale di tantissimi bambini, soprattutto, ma non solo, per chi già soffre di determinate problematiche. In una situazione dove è certamente opportuno tutelare la salute fisica delle persone, è altrettanto doveroso porre attenzione alla propria salute mentale. Anche se a molti potrebbe sembrare poca cosa saltare due mesi di scuola i bambini hanno molto da metabolizzare: l’interruzione delle normali attività, l’improvvisa separazione dagli amici, e, ovviamente, la paura stessa del virus. Queste difficoltà si aggravano per coloro che fanno affidamento su aiuti scolastici, o le cui famiglie stanno affrontando problemi di salute o l’improvvisa perdita del lavoro”.
Secondo lei cosa spaventa maggiormente di questa pandemia? e quali sono state le categorie più colpite da un punto di vista psicologico e perché?
“Beh di questa pandemia, spaventano sicuramente gli strascichi che lascerà alle sue spalle. è sicuramente un periodo dove la paura, in tutte le sue forme, regna incontrastata. Attività a rischio, anziani soli, terapie farmacologie “stoppate” a causa
del rischio di contagio all’interno degli ospedali. Ho conosciuto persone che, all’interno di un percorso di chemioterapia, non hanno potuto continuare la riabilitazione a causa delle varie restrizioni. Vogliamo parlare inoltre del non poter salutare per l’ultima volta i nostri
cari che sono deceduti durante il lockdown? Tutti abbiamo avuto a che fare direttamente o indirettamente con questa situazione. Non credo che sia giusto fare una distinzione
assolutistica. Tutti ne siamo stati colpiti”.
Come la mente del bambino, soprattutto quella dei più piccoli, ha elaborato il concetto di pandemia, l’uso della mascherina ma soprattutto le restrizioni alla libertà di uscire e di vedere i nonni durante il lockdown?
“I bambini non sono tutti uguali: già da molto piccoli si possono notare differenze nelle loro competenze cognitive e socio-relazionali. Alla radice di queste diversità vi possono essere ragioni biologiche, ma in molte altre situazioni si fa riferimento alle carenze nelle relazioni, negli atti, negli oggetti e negli spazi che costituiscono la principale fonte di apprendimento. Bambini già molto diversi fin dai primi anni di vita manifesteranno reazioni differenti a fronte di un’emergenza come questa. Spesso i genitori dei più piccoli potranno notare comportamenti di attaccamento e regressione. non è un caso che gli adolescenti, invece, potranno manifestare un umore altalenante e irritabile.”
Una delle principali raccomandazioni da seguire per non contrarre il coronavirus è di non toccarsi, non abbracciarsi e non baciarsi. Queste indicazioni impartite a bambini di pochi anni, possono avere incidenza anche in futuro sullo sviluppo affettivo dei bambini?
“Sicuramente tutto questo ha creato un forte scompiglio da un punto di vista psicologico sui bambini, almeno inizialmente. Realizzai anche un video sul tema. La fascia di età che maggiormente mi preoccupava era quella dei bambini dai 3 agli 8 anni. Un’età particolare dove si vanno a tessere i primi rapporti sociali. Avere un break così lungo nel periodo di massima socializzazione e apprendimento (emotivo e cognitivo) in cui si impara il significato dell’abbraccio, della mano sulla spalla, dell’interazione al gioco con altri ragazzi appena conosciuti è stato un
fenomeno altamente castrante. C’è da dire che i bambini hanno una plasticità neuronale altissima. È sicuramente importantissimo il ruolo del genitore che deve essere pronto a stimolare la fame di stimoli del proprio piccolo. Lo so! non è facile… essere creativi non è una dote di tutti”.
Ma ora parliamo anche un po’ in generale, si sta assistendo quasi a due correnti di pensiero: chi teme il virus pertanto limita notevolmente le proprie attività e la vita sociale, e chi di converso, quasi ne nega l’esistenza o lo sottovaluta. Cosa pensa stia succedendo?
“A seguito del primo lockdown, una parte della massa si è schierata sul versante “alla fine non è così pericoloso! ci hanno detto un sacco di bugie! è un Complotto!” e così via. La poca chiarezza in ambito medico e gli scontri tra i vari virologi hanno portato a un tripudio di informazioni che hanno alimentato la scissione della popolazione in queste due fazioni. Purtroppo eravamo impreparati e impauriti e quando la paura si fa grande, le decisioni che si prendono sono guidate dall’istinto e poco dalla
ragione”.
Si parla di ‘effetto capanna’. Potrebbe fornirci un suo parere in merito?
“L’effetto capanna (o del prigioniero) non è del tutto nuovo, poiché sembra risalire ai primi anni del 1900, quando, negli Stati Uniti, i cercatori d'oro passavano mesi e mesi in una capanna vicino ai torrenti. L’isolamento era dovuto all’esigenza di concentrare la propria attività in
determinati periodi. Tra gli effetti di tale condizione vi è il rifiuto di tornare alla normalità, ai rapporti, sfiducia nei confronti dell’altro, ansia, stress. Insomma, una condizione di isolamento può indebolirci da un punto di vista psicologico tale da portarci ad
avere paura di tornare alla normalità.”
Qualcuno sostiene che non voler indossare la mascherina può essere considerato un atteggiamento antisociale. Lei da cosa ritiene sia dovuto il rifiuto di volersi proteggere?
“Nella stragrande maggioranza dei casi, credo che le persone portino la mascherina non tanto per tutelarsi da un punto di vista salutistico ma piuttosto per paura di litigare per strada o per paura di essere richiamati dalle forze dell’ordine o di prendersi una multa. La mascherina è noiosa, antiestetica ma il suo fine ultimo è la protezione! Da questo problema ne dovremo uscire insieme. Utilizzare un comportamento antisociale come il non-portare la mascherina lo trovo di cattivo gusto. Non è così che si protesta! ci possono
essere milioni di atteggiamenti più funzionali per far passare un messaggio”.
Secondo lei, la negazione dell’esistenza del virus può essere dettata dalla paura oppure da cosa?
“Personalmente non sono d’accordo che il negazionismo affondi le sue radici nella paura! piuttosto credo che affondi le sue radici nell’ignoranza. Ignorare che esista lo trovo stupido e pericoloso. Abbiamo sempre paura di ciò che non si conosce e quando la paura è grande, le precauzioni sono maggiori mai minori”.
Come gestire la paura del contagio?
“In momenti come questi, aprendo il giornale o scorrendo Facebook si viene sommersi da informazioni allarmistiche di ogni tipo sul coronavirus. Ciò̀ purtroppo attiva uno stato di “allarme psicologico permanente” che tende a distorcere e aumentare il “rischio percepito”, e che ci
spinge a cercare ossessivamente informazioni più̀ rassicuranti, esponendoci così ad altre informazioni allarmanti, in un circolo vizioso senza fine. Personalmente reputo che sia necessario evitare tutta questa bulimia di informazione al fine di non potenziare e
amplificare questo fenomeno. Limitare le “chiacchiere” sull’argomento è sicuramente un buon inizio. Se ci fate caso… non si fa altro che parlare di questo problema e tutte le conseguenze che esso comporta”.
Crede che in futuro, quando si sarà trovato un vaccino e/o la pandemia sarà per qualche ragione finita, si riuscirà a vivere normalmente senza strascichi?
“Personalmente credo che dalla “tragedia” sia necessario imparare! Subire e disperarsi lo trovo totalmente inutile. Impariamo qualcosa! ci sono diversi concetti, legati a questa domanda, che mi sono davvero a cuore. Non avrei mai pensato di poter svolgere l’attività del terapeuta online. Avevo già iniziato da qualche anno a lavorare online ma a seguito del lockdown ho avuto un impennata di sedute di psicoterapia via skype, video ecc. Come me, moltissime altre attività si sono attrezzate al fine di automatizzare l’attività online e questa ha generato molte opportunità per tutti. Vogliamo parlare dell’istruzione?! avreste mai pensato di poter sostenere degli esami universitari online?! corsi online?! tutto sta andando ad automatizzarsi. Ad alcuni questo cambiamento spaventa; altri vedono opportunità. Questo virus ha generato una rivoluzione e il cambiamento è già in atto. Alcune realtà, anche alla fine della pandemia, non torneranno più alla loro dimensione originale. Strascichi Psicologici?! non saprei… spero, anche in questo caso di aver imparato che il tempo e la libertà sia la nostra fonte di ricchezza più grande quindi deve essere trattata con maggior rispetto”.