La rivolta dei Comuni del Sud contro una vera e propria secessione dei ricchi verso i più deboli.
È prioritaria una mobilitazione che parta innanzitutto dal Sud con gli strumenti democratici a disposizione, a partire innanzitutto dai consigli comunali. È in atto una vera e propria secessione dei ricchi ed una rottura irreversibile della coesione nazionale riducendo il Paese a brandelli . Si vuole togliere completamente la competenza allo Stato, ai Ministeri in comparti strategici per il Paese come : sanità, scuola, lavoro, tutela ambientale.
I servizi pubblici, i diritti delle persone saranno parametrati alla ricchezza ed al gettito di ogni regione. Una secessione interna che condanna il Sud ed i suoi abitanti a vivere in condizioni differenti al resto del paese. Si profila la creazione di altrettanti sistemi sanitari, altrettanti sistemi scolastici, altrettanti centri di decisione sulle grandi infrastrutture. L’autonomia differenziata allargherebbe la forbice delle disuguaglianze per la perdita di diritti e per la rottura del principio di solidarietà garantito dal sistema fiscale progressivo sancito in Costituzione.
Il tutto senza una discussione parlamentare, ma imbavagliando il Parlamento costretto ad una mera ratifica con un si o un no ad un accordo, ad una “trattativa privata” tra Stato e Regioni.
Bisogna chiedere innanzitutto il rispetto dall’art 72 della Costituzione e dei regolamenti parlamentari affinché in Parlamento la proposta possa essere pienamente discussa ed anche emendata, lo chiede a gran voce il Costituzionalista Massimo Villone.
In sintesi si gioca una partita pericolosissima per il Sud, il disegno di Umberto Bossi iniziato nel 1985 sta per essere concluso dal Salvini nazionale. Le regioni del Nord chiedono di evocare a sé non solo il gettito fiscale ma anche i comparti di competenza dello Stato Centrale. In sintesi il disegno ordito nei confronti del mezzogiorno è legare le risorse dello Stato alle entrate fiscali generate dal territorio . Si pretende che le risorse dello Stato debbano essere definite sulla base del fabbisogno standard e cioè sulla quantità sulla quantità di servizi erogati e presenti sul territorio sulla base dei tributi versati sul quel territorio. Il tutto equivale che i diritti ed i servizi essenziali delle persone saranno stabiliti dal reddito e dal luogo in cui vivono. Il che equivale che nei territori in sofferenza le condizioni di vita delle persone non potranno migliorare erogando servizi pubblici essenziali.
Per le regioni del Nord il controllo di otto miliardi di euro per la sola Pubblica Istruzione sommate le 23 materie di cui chiedono la competenza fanno un conto molto salato per il resto degli italiani che vivono in regione con redditi più bassi e con un monte inferiore di tributi erariali.
C’è invece un Mezzogiorno dei diritti, dei diritti negati e della precarizzazione per questo occorre un grande patto tra chi davvero vuole cambiarlo e chi vive in condizioni di grande disagio.
Occorre una grandissima mobilitazione che parte proprio dal Sud tra le istituzioni democratiche, organizzazioni sociali, civili perché questa è una battaglia di democrazia e di giustizia sociale.
Nel prossimo consiglio comunale sarà discussa una mozione, di cui sono prima firmataria del gruppo consiliare de L’Altra Marano affinché tutto il consiglio comunale e l’amministrazione comunale prenda posizione per tutelare i diritti degli abitanti di questo territorio.
Sinistra Italiana ha presentato in tutti i comuni in cui è presente, delle mozioni affinché parta proprio dai Comuni questa rivolta che appare come una pietra tombale sui principi di uguaglianza e solidarietà ed i primi a pagarne le spese saranno gli enti locali, i primi a pagarne le spese la parte più fragile delle città del Mezzogiorno.

SINISTRA ITALIANA MARANO
Stefania Fanelli, coordinatrice cittadina

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