Napoli: una protesta che diventa una partitella davanti al portone di Palazzo San Giacomo.
Maglie azzurre, pallone di cuoio e mini-porte appoggiate per terra.
“Ci alleniamo due volte a settimana su un campo di pietra. E quando cadi, ti fai male. Vorremmo un terreno in erba sintetica. Il mio sogno? Come tutti i miei compagni di squadra: diventare un calciatore“, dicono tra un tiro di destro ed uno di sinistro.
Sono una trentina i bambini che partecipano a questa esperienza di calcio popolare nata un anno fa.
Provengono da zone a rischio sociale come il pallonetto di Santa Lucia, i Quartieri Spagnoli, Montesanto.
Vorrebbero provare l’ebbrezza di un campetto vero, in erba, ma va bene anche in terra battuta.
Se questi ragazzi indossano magliette e pantaloncini come una scuola calcio vera, è grazie alla solidarietà dei quartieri. Si raccolgono sottoscrizioni ogni mese e si fa il tifo perché il progetto non muoia. Gli allenatori sono un paio e seguono i baby calciatori per puro volontariato.
Una delegazione ieri è stata ricevuta dall’assessore allo Sport Ciro Borriello.
“Per i più piccoli dello Spartak – spiega Borriello – l’assessore Gaeta ha dato l’ok a un campetto nel parco dei Quartieri. Non pagheranno. Per i campi più grandi come il San Gennaro alla Sanità, il Caduti di Brema, l’Ascarelli, possono presentare una richiesta, la valuteremo anche se fuori termine visto che andava inoltrata entro il 31 marzo. Si tratta di servizi a pagamento, ma vedremo come fare per sostenere questo progetto sociale”.