Le elezioni regionali appena concluse non lasciano spazio a dubbi: al netto dell’elevatissimo numero di astensionismo, il centrodestra sbaraglia in Lazio e Lombardia.
In entrambe le Regioni Fontana e Rocca superano il 50%, legittimando il lavoro di Giorgia Meloni in questi primi mesi di Governo.
Il dato più eclatante (ma neanche troppo) è quello relativo al Movimento 5 Stelle. Se dopo le elezioni politiche del 25 settembre scorso, benché i numeri dicessero altro, Conte e co. ne uscirono trionfanti, sicuramente non potrà accadere la stessa cosa visti i risultati ottenuti ieri.
Andando ad analizzare le percentuali di voto a distanza di di meno di 5 mesi il M5S compie un passo indietro clamoroso.
Nel Lazio a settembre alla Camera i grillini chiusero con un 15% e 406.065 voti. Oggi, con pochissime sezioni ancora da scrutinare, arrivano ad un 8,54% con 132.04 voti.
In Lombardia, invece, alle Politiche ottennero 378.885 voti raggiungendo il 7,5%. Alle Regionali, dove erano in coalizione con il centrosinistra, prendono il 3,93% e 113.229 voti.
In termini assoluti il Movimento 5 Stelle è il partito che subisce il più alto passivo nel giro di pochi mesi. La domanda, lecita e d’obbligo, è: quali sono i motivi di questo declino? Probabilmente il forte voto d’opinione che segna le elezioni politiche non fa breccia durante le votazioni locali, dove il radicamento territoriale e i rapporti personali rappresentano una variante predominante nell’indicazione del voto.
Detto ciò, questa considerevole differenza non è la prima vota che si verifica (e probabilmente non sarà l’ultima). E, chiaramente, il dato dovrà far riflettere gli organi dirigenti del Movimento sia a livello nazionale ma soprattutto a livello locale.