Di Gabriele Granato

Iran: Durante i recenti Mondiali in Qatar avevamo parlato e “premiato” il forte gesto della nazionale iraniana che in occasione della prima partita dei gironi si era rifiutata di cantare l’inno nazionale in segno di protesta per quel che stava succedendo a Teheran e in tutto l’Iran.

È da settembre, infatti, – più precisamente dal 16 settembre quando è stata assassinata la giovanissima Mahsa Amini – che in Iran sono scoppiate le proteste contro un regime che in nome di presunti principi religiosi nega sistematicamente libertà e diritti soprattutto alle donne. Proteste che continuano ma che, purtroppo, da qualche tempo a questa parte non trovano più spazio nei tg e sui giornali europei (italiani specialmente), nonostante l’escalation repressiva da parte di Teheran.

Basti pensare che da settembre ad oggi sono oltre 500 le vittime, di cui quasi un centinaio giovanissimi, e che da qualche tempo a questa parte il governo iraniano ha cominciato ad eseguire le prime condanne a morte.

Tra i tanti sui quali pende lo spettro della condanna a morte c’è anche il calciatore Amir Nasr-Azadani che ha vestito le maglie del Rah Ahan Téhéran, del Tractor SC e del Gol Reyhan FC.

Nasr-Azadani, però, non è l’unico calciatore ad essere finito nel mirino del governo iraniano: prima di lui anche calciatori del calibro di Ali Daei hanno dovuto subire la vendetta di Teheran per aver sostenuto le ragioni del popolo in rivolta.

A novembre, nel pieno dei Mondiali, Amir Nasr-Azadani è stato arrestato ed inizialmente condannato a morte con l’accusa di “Moharebeh” (guerra contro l’Islam e lo Stato) per aver presuntamente ucciso assieme ad altre due persone un colonello del corpo speciale dei Guardiani della Repubblica Islamica e due paramilitari, provocando l’immediata risposta di diversi calciatori iraniani che avevano lanciato una mobilitazione social con l’hashtag #NoToExecution, seguiti poi da alcuni colleghi europei come l’ex difensore del Barcellona Marc Bartra e l’attuale centrale blaugrana Ronald Araújo.

Il giorno della finalissima tra Argentina e Francia, addirittura, la cantante Shakira aveva twittato in favore del calciatore dicendo che “la lotta per l’uguaglianza ed i diritti umani dovrebbe essere appoggiata e non punita. Solidarietà ad Amir Nasr-Azadani”.

Parole che sono, probabilmente, servite ad accendere i riflettori sulla situazione del calciatore e che hanno spinto le autorità iraniane a modificare la pena inflitta ad Amir Nasr-Azadani, ora condannato a 26 anni di reclusione.

Una storia che ci dimostra l’importanza della solidarietà internazionalista e che ci dice, ancora una volta, quanto anche da lontano ci si possa rendere utili per la libertà di un intero popolo. Ed è proprio per questo che è di vitale importanza continuare a parlare di quel che accade in Iran, di tenere i riflettori accesi su una situazione vergognosa e pretendere dai nostri governi un intervento diplomatico netto e deciso affinché Teheran plachi la sua furia e riconosca la libertà ed i diritti di una larga parte del suo stesso popolo.

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